PEDALANDO VERSO PADOVA


Corso del Popolo da Piazza Garibaldi


Io e lei (lei la bicicletta), ieri ci siamo fatte una bella pedalata.
Non lo facevo da mesi, dall'autunno, da quando i colori delle foglie inebriavano di positività il mio umore, e il loro rumore sotto le ruote mi rilassava, e io guardando a testa in su, ammiravo la natura che si trasformava.
La mia alta pigrizia ha vacillato un attimo, ed ho preso questo titubare come un segno.
Dovevo arrivare ad una certa ora in centro a Padova, e l'unico mezzo che me l'avrebbe permesso era la bici.
Io amo la mia bici.
Ok, non nel modo più tradizionale, ma è uno, se non l'unico degli oggetti, che mi lega ad una persona che non c'è più.
La mia bici è anziana, diciamo che ha circa sessant'anni.
Oddio così tanti...ma li porta bene, l'ho rimessa a nuovo e ora viaggia, eccome se viaggia.
Ha viaggiato in passato sotto la spinta di chi l'adorava, viaggia ora sotto la spinta di chi continua ad adorarla.
E così sono salita in sella per affrontare quei sette chilometri.
Ha ruote grandi, non si sente la fatica, ed è un piacere essere il capitano che governa una nave sull'asfalto.
Ho percorso strade trafficate che creano confusione, clacson a ripetizione in un'ora in cui le persone dovrebbero aver raggiunto la calma giornaliera. Ho pensato, mentre i pensieri si rinnovavano solleticati dal vento. Ho pensato a quanto sarebbe bello vivere in un posto senza macchine, senza il rumore che in quel momento mi creava disagio. Ho provato ad immaginare di essere in una strada semi deserta, senza dover zigzagare tra marciapiedi occupati e gente impazzita che non sa come affrontare una strada, o la vita.
Ma erano pensieri, solo pensieri.
Ad un certo punto la pista ciclabile si è delineata all'orizzonte. 
E qui arriva il bello.
Un tempo, e non molti anni fa, quella pista  era costeggiata da platani immensi, quasi a proteggere chi ci passava sotto. Ora il comune li ha fatti tagliare tutti perché le radici danneggiavano l'asfalto. Io l'asfalto non l'ho trovato affatto in buone condizioni dopo questa drastica decisione, pare quasi che un'invasione di talpe abbia scavato sotto la pista creando montagnole di varie forme e dimensioni ad impedire un'andatura costante e rilassante.
Salti improvvisi da ammortizzare.
Poi è arrivato il cavalcavia, si quella "montagnola" che passa sopra ai binari e alla tangenziale e che accorcia il fiato..io sono un'esperta di divaning mica mi alleno!
Ogni volta credo di non farcela (un pò come la mia filosofia di vita...autostima dai eh!)...ma alla fine valico il passo e scendo in picchiata sotto alberi di tiglio, e pedalo, pedalo ancora spinta dalla voglia di arrivare, col fiatone, col caldo che mi si è appiccicato addosso, col telefono che suona ma al quale non rispondo, con una Padova che splende di bellezza ad attendermi.
Ed eccomi in una Piazza Garibaldi senza traffico, senza caos, tranquilla nella poca gente a passeggio, beata nella sua smagliante bellezza.
Parcheggio, lucchetto. Una mano passa delicata sulla bici, sul mio cavallo che mi ha portato a destinazione.
A dopo.
Riportami a casa....




La mia bici, una BIANCHI, di un'epoca passata....




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