IL DESERTO DI MATROUH




Il deserto suscita in me un fascino irresistibile.
Il silenzio,
i colori,
l'infinito verso l'orizzonte.

Il profumo indefinito, un misto di caldo umido e civiltà che il vento mescola sapientemente.
La terra scottata dal sole che assume tonalità degne di un quadro, la poca vegetazione che lotta contro il caldo per sopravvivere, gli abitanti, i nomadi, che amano la loro terra, la proteggono.

Nel deserto di Matrouh piove solo d'inverno, i nomadi sono fondamentalmente pastori e vagano per vendere i propri animali.
Li chiamano beduini, ma loro si definiscono arabi, per una questione di potere che viene dal passato.

Il deserto lo scopro in un pomeriggio, di giugno mentre il sole è ancora caldo, scotta.
Dal villaggio Jaz Oriental il pulmino parte.
Io sono con il piccolo viaggiatore.
Anche i bambini possono visitarlo, e noi lo abbiamo fatto a bordo di un quad.

Sì, vi permetto di ridere e sorridere per la mia assoluta mancanza di propensione fisica a fare queste cose, per di più con pure un bambino a seguito!
Ma vi giuro che ci siamo divertiti tantissimo.

Dopo una quarantina di minuti di pulmino e immagini di vita egiziana quotidiana che scorrono fuori dal finestrino, arriviamo ad un piccolo agglomerato di case, di cui una era il magazzino dei quad.
Indossiamo un copricapo che copra anche la bocca e il naso, visto che la sabbia si insinua ovunque e saliamo su quel trabiccolo a me sconosciuto. Sembra una moto, ma ha quattro ruote e per girare non puoi piegare a destra o a sinistra come lo scooter ma devi sterzare di brutto.
Schiaccia le cosce sul serbatoio, sterzi meglio, mi suggeriscono...

Faccio qualche giro di prova mentre mio figlio è avvinghiato dietro.
Tutto ok? - Mamma non mi sento molto bene.-
Panico.
-No mamma, è che prendi tutte le buche e mi vien da vomitare-
Il panico continua, non voglio rallentare la carovana, ma è quello che sto facendo...

La guida capo carovana, si ferma, e senza dire una parola, che comunque non avrei capito, prende mio figlio e se lo mette nel suo quad, davanti. 
Il piccolo alza il pollice in segno di ok e si parte.

Dopo l'inizio un poco traballante, la mia avventura, se così posso chiamarla, prende una piega che dire piacevole è riduttivo.
Sono impegnatissima a tenere sulla strada il quad, ma questo non mi vieta di guardarmi attorno estasiata, emozionata.
Guardo, scruto, assorbo.
Sono luoghi insoliti che non si vedono spesso,
e voglio immagazzinarli nella mente
per ricordarli,
nei momenti in cui ne avrò bisogno.

Il deserto è roccioso, con pietre da evitare, o, quando ci si accorge all'ultimo, da sormontare.
Il pulviscolo che il mezzo alza si insinua negli occhi, ma non me ne importa, continuo a guardarmi attorno.
A vedere il nulla.
Esatto non c'è niente da vedere, ma c'è tutto da vedere.
Il tutto è racchiuso in quel niente di colorato, arido e meravigliosamente bello.





Ci si ferma, c'è una tenda.
Qualche nomade con la tunica bianca e il capo coperto ci invita ad entrare. L'interno è colorato, coperte e cuscini dai mille colori disposti ai lati della tenda, la rendono accogliente.
Io e il piccolo ci sediamo. 
Siamo stanchi, il deserto stanca, ma sorridiamo.
La nostra guida traduttrice, Sherif, ci racconta un po' della vita dei nomadi, del loro lavoro, delle loro mogli, delle usanze e tradizioni.
I matrimoni con più donne sono ormai pochi e solo per chi ha dei beni da offrire, mentre quelli combinati per interesse sono ancora all'ordine del giorno.
Sono tradizioni mi dico.
Da rispettare...



Preparano il tè e io non posso che ripensare allo stupendo libro di Bowles, il Tè nel deserto (mi succede sempre quando prendo il tè in situazioni simili).
e ripenso a Port, Kit e Tunner e al loro viaggio...

Il liquido scuro e molto zuccherato scende per gravità dalla teiera a quei bicchierini di vetro trasparente, che mi ricordano tanto la Giordania.
Io e mio figlio lo beviamo gustando il sapore forte.
Altri, più schizzinosi, passano blaterando cose insensate.

Noi ne chiediamo ancora, è buono, e, bevuto sotto ad una tenda in mezzo al deserto, lo è ancora di più, mi sussurra il piccolo.



E' giunto il momento di tornare.
Il sole comincia a scendere, e l'aria si rinfresca.
Io indosso il K-way e non invidio per niente quella coppia in pantaloncini corti e canottiera.
Mai sottovalutare le temperature.
Deserto non è solo sinonimo di caldo.

Percorriamo tranquillamente la strada del ritorno, fermandoci a guardare prima un gregge di pecore che quasi si mimetizza con i colori della terra, poi il sole, che piano piano scompare dietro quella linea lontana.
L'orizzonte.
Quante cose si nascondono lì dietro, riusciremo a scoprirle tutte?
Io nel mio orizzonte ho nascosto anche questa esperienza.
Il mio piccolo viaggiatore ha nascosto la sua, un altro tassello che farà parte del suo grande bagaglio.




Informazioni Utili:
L'esperienza in Quad nel deserto di Matrouh è stata organizzata dal Villaggio Veratour Jaz Oriental.
Una volta la settimana viene svolto in completa sicurezza e con guide parlanti italiano. Dura all'incirca 4 ore, nel pomeriggio quando i colori del tramonto rendono il deserto bellissimo!
Ve la consiglio!




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