ESTERNO GIORNO, LA DIGUE SEYCHELLES






L'acqua cristallina, di quell'azzurro che quasi infastidisce gli occhi.
Il sole allo zenit, con quel riflesso che nemmeno i più super specializzati occhiali da sole avrebbe diminuito.
L'aria perfetta.
Una brezza marina tipica dell'isola, il profumo di mare mescolato a quello del pesce fritto del baracchino lì di fronte.
Risate di bambini in lontananza, sabbia calda sotto i piedi, la pelle dorata ingorda di raggi caldi, quasi a farne scorta per l'inverno.

Siamo a La Digue, un'incantevole isola dell'arcipelago delle Seychelles.

Le pinne sotto l'albero sono un invito, e il ragazzo non tarda a prenderle in mano, a scuoterle dalla sabbia che con un alito di vento si è intrufolata all'interno.
Prende anche la maschera, e aggiusta il boccaglio, staccato. 
La salsedine ha lasciato degli aloni, che di lì a poco scompariranno, sciolti nell'acqua del mare. 

Un passo dopo l'altro e le orme si imprimono sulla finissima sabbia bianca.
Sulla riva l'acqua lava via le ultime impronte, e richiama a sé i piedi caldi per portarli tra le onde, fino alla barriera dove rocce e coralli dai mille colori respirano la luce filtrata dal mare.
Pesci danzano al passaggio del ragazzo, con gesti cauti attenti a non sfiorarlo, quasi a fare le feste ad un migliore amico.

Sulla barriera, lui infila le pinne, mette la maschera, e via, si lascia cullare dalle onde appena accennate. Entra ed esce con la testa dall'acqua per testare che la maschera non faccia entrare acqua.

Tutto ok.
Anche il suo respiro.

Il ragazzo resta in acqua un tempo indefinito. Chi è in simbiosi con il mare perde la cognizione dei minuti, tutto è ovattato, quasi un mondo parallelo.

Il sole non è più allo zenit, ma scalda ancora molto.



Bella questa immagine vero? Potrebbe essere la scena di un film o un capitolo di un libro.
Invece è un'immagine reale che mi si pone davanti.
E io adoro nutrirmi di particolari, osservare, pensare.

Un'onda più forzuta delle altre però spinge il ragazzo sopra le rocce, dove l'acqua è troppo bassa per nuotare e con le pinne rialzarsi è un poco ostico. Cercando di restare in acque più profonde inevitabilmente finisce a contatto con il corallo.

Torna a riva con un piede zoppicante e un rivolo di sangue che dal fianco scende giù per la gamba, prende l'asciugamano per pulirsi, ma non basta. 
Sanguina ancora, e dall'espressione corrugata del viso, soffre. 
Leggermente, ma soffre...
Si siede sulla sabbia e si toglie le pinne.
Qualcosa non va, lo vedo chino che si ispeziona la pianta del piede.
Arriva anche la sua amante, amica, compagna di viaggio.
Preoccupata cerca di aiutarlo in qualche modo, mentre il fianco sanguina ancora, e il piede zoppica ancora.

Una ferita da corallo nel fianco, che necessita di qualche punto di sutura, e qualche graffio dovuto agli aculei di un riccio di mare sul tallone.

Lo rivedo la sera, con il piede sul tavolo di Marston, proprietario di un noto ristorante del luogo. Marston dirige un'operazione chirurgica a base di limone e pinzette mentre beve una birra impartendo ordini alla sua collaboratrice più fidata. Non queste pinze, le altre. Più limone. Lì sulle ferite. Dopo qualche minuto il ragazzo si rialza, visibilmente sollevato. 
Gli chiedo come sta. Mi risponde che è stato all'ospedale, dove se l'è cavata con qualche punto e una dose di antibiotici per il taglio sul fianco, e che si è accorto solo successivamente che sul piede non aveva semplici graffi, ma qualche aculeo conficcato. Ecco perché ha approfittato delle cure di Marston.

Anche il mare nasconde pericoli.
Anche una semplice nuotata può finire con qualche ferita.
L'importante è saper capire quando è il caso di consultare una struttura ospedaliera, non improvvisarsi dottori.

Io, per esempio, stipulo prima di partire un'assicurazione di viaggio, per ogni imprevisto che può accadere anche in un paradiso come le Seychelles.


1 commento:

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