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BERKELEY E LA BAY AREA

by 12:39 AM




Berkeley è da sempre uno dei nomi delle università americane, che tutti collegano ad un polo culturale alternativo ed anticonformista. Perciò, quando mi capita di andare per lavoro un paio di settimane vicino a Sacramento con il mio amico-collega francese J., e lui mi spiega che ha un caro amico che fa il ricercatore all'università di Berkeley, e che volendo potrebbe ospitarci qualche giorno, non ci pensiamo due volte e accettiamo l’invito forzato di D. a trascorrere un weekend lungo a casa sua.
L’arrivo non è dei migliori. Atterriamo stanchi in serata a San Francisco e prendiamo un taxi fino a Berkeley, confidando nel rimborso aziendale…perché il tassametro scorre veloce lungo le 27 miglia che ci separano dalla casa di D. e alla fine segna circa 150 $.
La casa però è magnifica. Adagiata sul fianco delle colline al limite della città, completamente in legno, realizzata da un architetto della scuola di Wright. Sono estasiato. Mentre entriamo D. saluta un paio di sue amiche e ci mostra la veranda, la cucina, il soggiorno, la sua camera e il bagno. Noi possiamo sistemarci su dei materassini gonfiabili in soggiorno per dormire, ma ora è il momento di un mojito con Ruth, che è appena arrivata. Mi sovrasta in altezza e in stazza, capisco una parola su tre di quello che dice, e la maggior parte delle volte quella parola è “fuck”, ma mi sembra simpaticissima. Dopo l’aperitivo e qualche procione in cucina (carinissimi, ma pare che i procioni siano una piaga per gli abitanti…) andiamo a casa di Bridget per una cena a base di ostriche. Bridget si presenta con un livido gigantesco su mezza faccia. Io ovviamente non dico nulla, l’ho appena incontrata!! Ma D. dopo un po’ le chiede come va la botta…e lei racconta che sta meglio, ma che non è più andata a fare surf nell’ultima settimana, e mi spiega che quando si surfa bisogna sempre stare attenti, “perché c’è sempre una seconda onda!!!”. Capisco e mi faccio raccontare delle sue esperienze alla Half Moon Bay, che pare sia uno spot perfetto a sud di San Francisco, in particolare per i principianti, nonostante le seconde onde.

Il giorno dopo io e J. Andiamo a San Francisco con il Bart (il treno che collega tutta la Bay Area); io ci sono già stato, ma quella città è incredibile e così ci ritroviamo a camminare in mezzo al set di un qualche film di Will Smith, con la polizia che ci allontana, prima di farci un classico giro in cable car e approdare al turisticissimo Pier 39.








A cena ritroviamo D. e mangiamo ostriche (ancora???) e poi ci riporta a Berkeley: prima in uno splendido bar per bianchi dove c’è un novantenne che suona il piano e accetta richieste, che puntualmente non soddisfa; poi in un locale per neri; D. contratta qualche minuto con il buttafuori, sembra non vogliano farci entrare, ma alla fine ce la facciamo e ci ritroviamo a ballare musica a palla in un misto tra reggae e rap. Prima di andare a casa ci vuole una birra in un pool bar…ma D. passa sempre così i suoi venerdì sera??
Arriviamo a casa distrutti, è notte fonda, e crolliamo sui nostri materassini, mentre D. si mette a lavorare…”Ragazzi, domattina fate il baccano che volete, io dormo con i tappi, non preoccupatevi. E se andate a Point Reyes, attenti a the big one!!”. Perchè il Parco di Point Reyes è proprio a cavallo della Faglia di Sant’Andrea, e qui pare che tutti aspettino the big one da un momento all'altro. Noi speriamo che non arrivi proprio mentre ci siamo noi, e prendiamo una macchina a noleggio per arrivarci e fare una camminata fino all'oceano, dove il panorama attutito dalla nebbia è spettacolare. Sulla via del ritorno ci fermiamo a guardare il Golden Gate. L'effetto che fa vederlo è probabilmente simile a quello che faceva sui 49ers quando arrivavano nella Bay Area carichi di aspettative.




“Sulla strada del ritorno non dimenticatevi di comprare le ostriche!”, questo ci ha anche detto D.; e così prima di rientrare ne compriamo un sacco e io giuro che stavolta non le mangerò, perché tre volte in due giorni per me è decisamente troppo!!
Appena rientrati scopriamo che ci autoinviteremo ad una festa in una casa privata. E così camminiamo per le strade di Berkeley fino ad una casa da film, che scoppia di persone…Ritroviamo Ruth e Bridget e una serie di altri personaggi che D. conosce. Sembra veramente di entrare in uno di quei cliché hollywoodiani: di sotto una grande sala con musica dal vivo, un gigantesco giardino e di sopra una serie di stanze. C’è da bere e da mangiare, non ho idea di chi sia il padrone di casa, ma lo scopro nel giro di 3 minuti quando una ragazza comincia a parlarmi e mi indica i ragazzi che abitano qui. E’ carina, e dopo due domande adocchia l’anello che porto al dito e mi chiede se sono sposato. Le dico di sì, e lei gentilmente mi dice che è stato bello conoscermi e magari ci rincontreremo. La serata si scalda quando arriva un gruppo di percussionisti che comincia a suonare, e mi sento come nella scena del party di Matrix Reloaded, un gruppo di persone che balla al ritmo di percussioni fortissime, tutti insieme, e mi ritrovo Ruth accanto che ogni tanto mi sposta di un metro con i suoi fianchi. Dopo il ballo c’è bisogno di bere e, mentre cerco una birra, mi imbatto nella ragazza di prima che esce con un altro da una delle stanze del piano di sopra. Penso che sono proprio uno sciocco…
Mi riunisco a J. che parla con un gruppo di canadesi, del più e del meno. Sono simpatiche; poi a un certo punto ci chiedono quando ci siamo sposati. J. dice nel 2003, io dico nel 2004. Ci guardano senza capire. Le guardiamo senza capire. E alla fine ci spiegano che pensavano fossimo sposati insieme, e che tutta la gente alla festa lo pensa: siamo arrivati insieme, abbiamo lo stesso anello, e pure un’aria decisamente omo. Penso che sono proprio molto sciocco…

Stufo di essere il partner di J. mi avvio verso casa dove mi attende il mio materassino gonfiabile. Il giorno dopo ci alziamo e D. ci spedisce in centro Berkeley perché c’è una festa pazzesca, un po’ da nerd, ma splendida. Ed effettivamente troviamo un po’ di tutto, DJ in strada che suonano musica a palla, una marea di auto customizzate, e un palco con gente che sembra venire direttamente da Woodstock. L’atmosfera è decisamente splendida. Berkeley è decisamente splendida. E penso che si fosse una seconda onda e potessi tornare indietro e scegliere di fare l’università negli States, questo è il posto dove vorrei andare. Tanto mica potrei permettermi ostriche tutti i giorni!! 





Paolo

COSE CHE HO AMATO FARE A SAN FRANCISCO

by 1:58 PM




Se pensate che San Francisco sia una città grande per poterla vivere appieno in qualche giorno, beh avete ragione.
Ma non per questo dovete demoralizzarvi, la città offre molte cose che con una buona dose di camminate e curiosità potranno rendere il vostro soggiorno indimenticabile!
Come il mio...

Ecco le cose che ho amato fare:

- Camminare. Sono pigra, ma di quelle all'ennesima potenza,  il mio sport preferito si chiama divano, ma ci sono posti che ti invitano a trasgredire e a prendere in mano piedi e volontà per affrontare strade con una pendenza da slittino. Mi sono pentita? ma neanche un po', anzi ho quasi ringraziato i miei compagni di viaggio per avermi scrollato di dosso il torpore! A parte gli scherzi, San Francisco merita di essere passeggiata, con calma, per assaporare ogni angolo, anche quello più nascosto...

-Entrare nei negozi di caramelle e dolciumi vari. Non so voi, ma io non ho mai visto in giro negozi del genere tranne negli Stati Uniti. Se non stai attento rischi di passarci dentro mezza giornata e di uscirne con sacchetti pesanti, che per farli più leggeri l' unico modo è quello di mangiare, rosicchiare e ingurgitare strada facendo. Ma come si fa a resistere a tutto questo?




-Visitare i negozietti vintage e la libreria a Little Italy...io da quella libreria, la Ferlinghetti non volevo più andarmene. Avete presente quando vi sentite a casa dall'altra parte del mondo? A me è capitato in quel posto ovattato di libri e pagine che raccontavano storie anche senza leggerli, che acclamavano l'attenzione di una mano posata sulla copertina...amo quel luogo che ha trovato spazio nel mio bagaglio di emozioni.

- Visitare la Coit Tower, il monumento edificato in onore dei Vigili del Fuoco. Una torre alta 63 m fatta costruire dalla Signora Lillie Coit Hitchcock , la quale aveva una predilezione per i pompieri ( la malizia tra il cognome e la predilezione ci può stare..) All'interno dipinti murali rappresentano scene della Baia di San Francisco. La cosa più bella ovviamente è la vista da lassù direttamente sul Bay Bridge, sul molo e sul centro della città.




-Mangiare granchio al Fisherman's Wharf. Ok, la zona è  turistica, ma potete mangiare granchi in tutte le salse e di ottima qualità. Me lo ricordo ancora. Ho ordinato zuppa di granchio che mi è stata servita dentro al  guscio che aveva le dimensioni di un piatto tradizionale...e il gusto, mmm riesco ancora a sentirlo! I ristorantini sono tutti simili quindi lasciatevi guidare dall'istinto o meglio dal profumino che aleggia nell'aria!

-Pier39. Eh lo so il caos totale, ma un viaggio è fatto anche di questo. Di luoghi che da quanto turistici sono quasi quasi diventano carini. In fondo quei negozietti con un sacco di gadget, e magliette e felpe col cappuccio e stampe (ne ho una appesa in casa) mettono allegria, se poi si entra in pieno agosto in quello che vende solo oggettistica natalizia, beh la cosa diventa quasi surreale!

- Ascoltare la cagnara che fanno le foche al molo! no ma le avete mai sentite?
Sono carinissime, non gliene può fregar nulla di tutta la gente che si ferma a guardarle, chi le fotografa che le filma, qualcuno le richiama col fischio quasi fossero dei cani...mitiche!




- Andare al MOMA. Per chi come me ama l'arte è un appuntamento da non perdere. Per molti risulta troppo "moderno" del tipo: da che parte devo mettermi a guardare quell'agglomerato di...? Per altri tipo me, restare a bocca aperta era nelle aspettative. Un trucco? andate un'ora prima della chiusura così entrerete gratis...e se non ce la fate a vederlo tutto potete sempre tornare il giorno dopo!!

-Dopo aver fatto man bassa allo store Levi's in Union Square (e comprateli sti jeans, che costano la metà che in Italia) sedetevi sui gradini della grande piazza ad ascoltare musica jazz mentre la brezza marina vi spettina i capelli...

Potrei elencarvi qualcos'altro tipo entrare nella hall del Marriot Hotel, e restare a testa in su per ammirare l'architettura, e magari incappare in un evento e portarsi via come ricordo una di quelle piccole bandierine a stelle e strisce che fanno molto America, oppure perdersi a China Town, o solo fermarsi da qualche parte lungo il molo e guardare l'orizzonte scorgendo un' isola che era stata un carcere di massima sicurezza...Alcatraz.




E le vostre cose da non perdere a San Francisco quali sono?


DA SAN FRANCISCO A SAN DIEGO ON THE ROAD -- IL GOLDEN GATE

by 12:52 PM




Con la nebbia o senza, con il sole o con il tramonto il Golden Gate si staglia in mezzo alla baia, non puoi farci nulla, te ne innamori al primo sguardo.
Me l’ero immaginato a modo mio, attraverso fotografie e ritagli di giornale, avevo delle aspettative, lo so non si fa, ma non mi hanno deluso, anzi l’emozione è stata tale da metterlo tra i posti più belli mai visti.
Che spettacolo, qualcosa che va oltre l’immenso, è maestoso, impressionante. Fa da padrone di casa e ti invita cortese a visitarlo, è un gentiluomo dal vestito arancione e dalle ossa forti, vive in una baia e ama il mare, a volte si avvolge di un manto bianco e tutto il suo fascino esplode.

Ma andiamo con ordine.

Il nome Golden Gate, o Porta D’Oro, deriva dalla frenetica corsa all'oro che ebbe inizio in California, come in altri Stati dell’America intorno al 1849. In quell'anno navi con a bordo cercatori d’oro di qualsiasi ceto sociale varcavano la baia di san Francisco, erano i Forty-Niners, “quelli del ‘49”,( esattamente come la squadra di football di San Francisco che tutti conoscono, ma non tutti sanno che si chiama così per questo motivo).
E così, in quel periodo la città e molte altre limitrofe cominciarono a popolarsi. Tutto si era trasformato in un vero e proprio business incentrato sull'oro da trovare. Furono costruite banche, saloon, negozi di generi alimentari e di tutto quanto serviva per essere attrezzati durante l’affannosa corsa.
Non molti riuscirono a fare fortuna con l’oro trovato. La maggior parte riusciva a pagarsi a malapena il sostentamento giornaliero. Estenuanti ricerche in condizioni estreme per poche “briciole” preziose.
E come è nata, la febbre se ne andò nel 1855, lasciando miniere abbandonate accanto a letti di fiumi ormai svuotati dal quel metallo tanto prezioso da aver rovinato molte persone.
Ma la porta dell’oro è rimasta e il Golden Gate ne è il ricordo.

  E così in quella mattina di agosto con 17 gradi e un vento incessante ho camminato sopra al ponte sospeso, uno dei più lunghi al mondo! Una stranissima sensazione che ricordo ancora, tutto vibra, dandoti un senso di instabilità. Il passaggio pedonale percorre tutti i 2.71 km della sua lunghezza. Lo percorri lentamente gustandoti il paesaggio e l’aria tagliente; puoi toccarlo sentirlo. Si incontrano manutentori, gente che fotografa, che cammina, che corre, che come me è a bocca aperta perché niente si può dire in quel momento!
Meglio di un giro in giostra, emozionante come un decollo, ma con una scenografia da sballo…


Godetevi le immagini, perché si sa, è impossibile scattare una sola foto!

Al mattino...





e alla sera...






DA SAN FRANCISCO A SAN DIEGO PRIMA PUNTATA -SAN FRANCISCO-

by 12:21 PM


 Nel 2006 il mio viaggio on the road si preannunciava indimenticabile.
A dire il vero ogni viaggio è indimenticabile, ma questo era un grande viaggio. Desiderato da tanto, ma deciso in così poco tempo da non rendersene quasi conto.
Era la prima volta che mettevo piede negli Stati Uniti, per scendere da San Francisco a San Diego, senza seguire un percorso obbligato, ma solo con la voglia di vivere un’ avventura.
Sono partita da Venezia, per fare scalo in una Philadelphia di cui ho visto solo un aeroporto indaffarato per controlli di estrema sicurezza. Qui per la prima volta ho dovuto togliere scarpe e inibizioni, per passare ispezioni molto ferree.
Cinque ore di attesa.
Cinque ore in attesa di un altro imbarco. 
Ricordo vividamente di essere stata seduta in aereo per molto tempo prima del decollo, e la voce del capitano che ogni tanto diceva: dieci aerei prima di noi, nove...otto.
Non ero abituata a questo, un via vai continuo da una pista...e di piste non ce n’era una sola.
Ricordo ancora la mia vicina di sedile, che si mangiava dei noodles che emanavano un odore acre, e io con le mie non so quante ore di fuso, non vedevo l'ora di arrivare...non vedevo l'ora di cominciare.
Sono atterrata all'aeroporto Internazionale di San Francisco ad un' ora apparentemente notturna con luci tremolanti che scintillavano da varie parti.
Un taxi, bello giallo e americano, mi ha portato al mio Hotel, a ovest di Union Square.
La scelta forse non era stata delle migliori, ma una delle mie avventure in viaggio inizia proprio in questo luogo.
Si sa,  capita di dover fare pipì, e dopo aver appoggiato la valigia mi dirigo verso il bagno...tutto normale, fino a quando tiro lo sciacquone...Non ho capito la dinamica idraulica del momento ma il water ha cominciato a sbordare da tutte le parti, allagando completamente il bagno, i miei piedi, andando a inondare la moquette della stanza...
Provate ad immaginare come potevo sentirmi, dopo 14 ore di viaggio, con un jet lag imbarazzante e dopo che  l'acqua non dava segni di ritirarsi...
Ora lo ricordo con un sorriso, ma in quel momento non  avevo proprio voglia di sorridere. Dopo varie segnalazioni alla reception e mille difficoltà nel comprendersi, mi è stata cambiata la stanza.
La cosa bella è che amo gli imprevisti, non possono che rendere migliore tutto il resto del viaggio...

Buonanotte.

   
Il mio peggior inverno è stata la mia estate a San Francisco, scriveva Mark Twain! E come dargli torto. Mi trovavo in California con 17 C° pure ventilati; diciamo che mi  suonava un po' strano. Uno si fa un' idea diversa, magari pensando al sole, al mare. Invece no, mi sono dovuta ricredere, e molto velocemente sono andata ad incrementare il mio bagaglio estivo con jeans e maglie.
E a proposito di Jeans, fermatevi assolutamente al negozio Levi's a Union Square. A San Francisco puoi pagare una bottiglietta d'acqua 3 dollari, ma un paio di Levi's te li accaparri con 30 dollari !

Non pensate minimamente di visitare questa città con i mezzi pubblici. Vi concedo solo un giro con il Cable Car, ma per il resto usate i piedi, il mezzo più efficace per scovare ogni angolo nascosto di una città che non vi stancherete mai di vedere.
In un giorno ho visto talmente tante cose da riempirmi la vita. Ho divorato passi, ho macinato chilometri, ho assaporato ogni momento...
Union Square, Enbarcadero, Molo Pier 39, foche, panini al granchio, negozi orribili per turisti, gente strana, gente straniera, quartieri cinesi molto più cinesi di un qualsiasi quartiere cinese di Pechino, Alcatraz dal pontile, Bay Bridge, Golden Gate immerso nella nebbia, onde, barche a vela, vento incessante; per poi ritornare ad Union Square e sedermi stanca sui gradini, ad ascoltare della buona musica Jazz.
In un giorno si può vedere tutto questo...solo vedere.
Nei restanti giorni di permanenza, si può vivere appieno quello che gli occhi hanno solo visto.
Il viaggio continua....







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