PARIGI, ANDATA E RITORNO





La prima volta che sono stata a Parigi ero in gita scolastica.
L'ultimo anno delle superiori, un treno notturno e una notte passata in bianco tra schiamazzi, risate, corse per gli scompartimenti, mentre l'aspettativa per una città che già sognavo si faceva grande.
Studiavo arte, e l'arte è stato il comune denominatore di quel viaggio.
Ho assorbito quanto più colore potevo prendere, mi sono commossa davanti ad opere che ho fissato per interminabili minuti, cercando di carpirne ogni singola pennellata, cercando di entrare nell'animo sensibile di chi quella pennellata l'aveva fatta.
Mi martellavano in testa nomi come Monet, Manet, Le Corbusier, Matisse, Chagalle, Kandinskij, tra il Museo d'Orsay, il Pompidou e il Louvre.
Sono salita sulla Tour Eiffel, ero una ragazzina, ed ero felice ed entusiasta come tale.
Non volevo più scendere. Assieme alla mia amica Elisa una volta scese siamo risalite nuovamente, facendo arrabbiare i professori e facendoci odiare dai nostri compagni.
Ma volete mettere l'emozione di violare un ordine per inspirare ancora un'ultima volta la meraviglia di una vista sulla città dall'alto?

La seconda volta ero un poco più grandicella.
Avevo regalato un fine settimana a Parigi al mio ragazzo per la sua laurea...
Era il mio primo volo, ed ero emozionata per l'aereo, per il viaggio e per un ritorno in una città che continuavo ad amare. Perché una città per apprezzarla appieno bisogna vederla ancora e ancora, con mesi e stati d'animo diversi.
Ho camminato tanto in quell'autunno.
Un autunno che mi ha regalato colori forti e caldi, avevo il sorriso stampato in faccia. 
Non sono salita sulla Tour Eiffel, ma sulle torri di Notre Dame alla ricerca del Gobbo e di una vista nuova sulla città.
Ho sperimentato al museo della scienza e ho visto un balletto all'Opera.
E ancora una volta mi sono ripromessa di tornare, perchè quando ci si innamora, è difficile resistere.

La terza volta un mese fa dopo circa quindici anni. Ci ho portato il mio piccolo viaggiatore, mia mamma, perché era un suo sogno, e i miei suoceri.
Pensate che sia pazza, vero?
Per un momento l'ho pensato anch'io, poi mi sono tuffata in questo viaggio, ed ho accettato con un sorriso la sfida.
Il risultato?
Oltre ogni aspettativa.
Mi sono divertita,
ho guardato la città da un nuovo punto di vista,
ho riso e sorriso,
ho mangiato dell'ottimo cinese vicino all'Opera,
ho visto tramonti da mozzare il fiato, e passeggiato lungo la Senna percependo la lentezza di un fiume che ha visto anni di storia passargli accanto.
Una Parigi umida che tra qualche nuvola e un po' di vento ha lasciato passare un timido raggio di sole.
Una Parigi da raccontare con occhi nuovi e consapevolezze nuove,
una città turistica, piena di gente e macchina fotografiche, 
piena di sorrisi e passi incerti, 
ma che sa ancora donare luoghi che trasmettono calma,
che sanno ammaliare, che sono il miele per le api.
E se sei stanco ti fa sedere in panchine con vista.
L’anima della città si siede accanto a te e ti racconta di storie di vita, di gente famosa, di cavalieri e guerrieri, di artisti e musicisti che da quelle parti hanno lasciato non solo il nome ma anche il segno...




Parigi mi manchi già....

1 commento:

  1. Ogni città ci appare diversa, ad ogni viaggio, soprattutto a distanza di anni. Cambiata lei o siamo cambiati noi? Forse entrambe le cose. :-)

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