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RIFUGI TISSI E COLDAI: DUE GIORNI DI TREKKING AI PIEDI DEL CIVETTA

by 6:49 PM

 Sicuramente è una frase detta e ridetta, nella quale però mi ci specchio spesso.

"La montagna è una metafora della vita."

La montagna è fatica, sudore, frasi improprie urlate al vento quando non ce la si fa più: un po' come succede nel corso della vita. Ma poi si raggiunge la meta, e con essa la soddisfazione di avercela fatta. Ci si congratula con se stessi, con il dolore ai piedi e alle gambe, con il fiato corto perchè tutte le fatiche fatte erano passi necessari per gioire alla fine del percorso.

Per quanto io possa essere pigra, al richiamo della montagna non so dire di no. Il silenzio, la natura che prepotente esplode, un sentiero nuovo da provare, i suoni che in città non si sentono, un panino mangiato con la schiena appoggiata ad un albero, il rumore dei propri passi, ecco tutto questo e molto altro sono per me sinonimo di felicità.

A fine agosto dell'anno scorso mi sono regalata una due giorni di trekking sul Civetta. Ci ero stata qualche anno prima, ma avevo fatto l'altro versante con una camminata in giornata. Questa volta volevo gustarmela, a fine stagione, quando per i sentieri la gente comincia a scarseggiare...

Il trekking è partito da Capanna Trieste, passato per Rifugio Vazzoler per poi arrivare al Rifugio Tissi dove ho dormito. Il giorno dopo ho raggiunto il Rifugio Coldai e sono poi scesa ad Alleghe.

Sono circa 20 km totali, nessuna difficoltà tecnica con un dislivello in salita di 1230 m circa, che si sentono benone sulle gambe e sul fiato, haha.

Da Capanna Trieste, dove si parcheggia l'auto ho imboccato il sentiero 555 che parte bello in piano ma che poi mi ha sussurrato " guarda che sei in montagna tra un po' ti faccio cominciare la salita" ed io bella fresca ho acconsentito a questo incoraggiamento. 

Cominciano poi una serie di tornanti che in condizioni meteo ottimali mi avrebbero fatto vedere gli imponenti bastioni Torre Trieste e Torre Venezia, ma che a causa dei bei nuvoloni gonfi di pioggia e umidità non ho visto proprio affatto. Peccato.

Dopo 11 tornanti sono arrivata ad un tratto di bosco che conduce al Rifugio Vazzoler, già chiuso per fine stagione; mi sono fermata in pausa pranzo sotto ad una tettoia soprattutto per ripararmi dalla pioggia che ad un certo punto si era data da fare. Sì, avevo guardato le previsioni, ma sappiamo bene tutti che in montagna non fanno granchè testo, e che nel giro di pochi minuti si passa dalla pioggia al sole.

Ho ripreso il cammino sul sentiero 560 tutto bello in salita nel bosco fino ad una radura che apre la visuale sulla parete nord ovest del Civetta. Ecco, ero già stanca lì, ma vedere quella roccia viva mi ha ridato l'energia e la gioia necessaria per continuare!

Lungo questo tratto, la pioggerellina ha fatto capolino ancora, ma di fronte a sua maestà Il Civetta, tutto è permesso e godibile, anche un po' di maltempo. 

Prati verdi, massi di roccia che hanno fatto radici sul terreno, qualche albero sparuto e un silenzio incredibile, quello che bramavo, che mi mancava.

I passi si alternano ai battiti del cuore che sono aumentati non solo per lo sforzo fisico, ma per l'emozione provata.

Ad un certo punto in lontananza ho avvistato la meta, il Rifugio Tissi, lì in fondo, lì in alto su quella roccia che sembra così vicina ma che in realtà ha bisogno ancora di tempo e fiatone e qualche imprecazione (haha) per essere raggiunta, soprattutto quando la radura finisce e comincia un'altra bella salita. Ma mica mi sono abbattuta, beh forse ogni tanto dai, ma in fondo mi piace far fatica, mi piace arrivare alla mia meta.

Ecco, qui quando pensate di essere arrivati, beh non sarà così, perchè l'ultimo tratto in salita salita (è voluta la ripetizione, per far capire bene) sarà di una bellezza tale che vi fermerete ogni tre passi per guardarvi attorno e riuscirete ancora una volta a meravigliarvi di ciò che la natura ha creato, plasmato e offerto (e a riprendere fiato).

Il Rifugio Tissi è in una posizione da wow: da una parte la parete del Civetta che abbraccia in ogni istante, dall’altra la vista sul lago di Alleghe che regala colori e un paesaggio incredibile (un po' meno per chi soffre di vertigini).

Il trekking si può fare tutto in una giornata e ritornare dalla strada dell'andata, ma a me piaceva l'idea di dormire sotto Il Civetta, di svegliarmi accanto a lui e di godermi  quella pace assoluta. 

È un rifugio a tutti gli effetti, con camerate e bagni in comune, con la sala dove cenare o leggersi un libro, una terrazza con vista e un bel freddo pungente che dopo il tramonto arriva puntuale. Serve altro? No, direi di no.

La mattina seguente, dopo colazione, ho preso la direzione verso il Rifugio Coldai, sempre attraverso il sentiero 560 che in un'oretta, che può allungarsi con le pause, arriva prima al laghetto e poi al rifugio.

Questo percorso permette di godersi tutta la parete nord ovest del Civetta ed è articolato in diversi e continui saliscendi. Sono noiosa, lo so, ma il paesaggio è di una bellezza disarmante: quindi la colpa delle tante fermate non è quella del fiatone e della stanchezza, ma del dover fotografare ogni angolo. Ricordatelo se qualcuno vi dice "dai muoviti"!

Prima di arrivare al Rifugio Coldai si fa tappa obbligatoria al suo omonimo lago di origine glaciale. Qui siamo a circa 2140 m e le sue acque freddissime e limpidissime sono una meta imperdibile per chi arriva da Alleghe, da Palafavera e ovviamente dal Rifugio Tissi.

Potete semplicemente stendervi sulle sue rive, e non fare nulla se non godervi il momento. Perchè non è che si deve sempre occupare ogni minuto della propria vita a fare tutto il possibile, ci si può e si deve fermare ad ascoltare il tempo che passa lento, a guardare le nuvole che disegnano forme, a sentire passi stanchi di altre persone.

Quando le gambe e la mente si sono riposate ho proseguito per un'altra decina di minuti (in salita) fino al Rifugio Coldai, anche lui in una posizione, come il Tissi, da rimanere a bocca aperta. Tè caldo, strudel di mele e pensieri sparsi sul fatto che ce l'avevo fatta, che io avevo fatto un bel dislivello, che avevo camminato tanto per due giorni, imprecato a volte, sorriso per la bellezza sempre.

Per me, e parlo per me, è stato un traguardo che mi ero prefissata e che ho raggiunto. Sto imparando, con gli anni e con l'esperienza ad usare la metafora della montagna anche in altri ambiti, e un pochino devo dire funziona...

Ovviamente ho salutato quella roccia viva con non poca malinconia, e ho cominciato la discesa che a tratti è stata più complicata della salita. Ho preso il sentiero che porta ad Alleghe (no, non sono tornata per la strada dell'andata), ma poi devo aver toppato qualcosa, e non è assolutamente colpa mia, perchè sono finita in una pista da sci con una pendenza spacca ginocchia. In circa un paio d'ore si arriva alla partenza della funivia in centro città di Alleghe (e forse per il mio ginocchio era meglio se la prendevo a scendere!).

Trekking concluso. Emozione tanta. Soddisfazione all'infinito. 


Tips:

- Se volete dormire al Rifugio Tissi, dovete prenotare con largo anticipo. Io per fine agosto ho prenotato a giugno, ed ho fatto pure fatica a trovare posto, infatti ho poi deciso di andare durante la settimana. Dovete poi sperare che le condizioni meteo siano favorevoli :). Compreso nel prezzo letto in camerata, cena e colazione. Si prenota via mail o nel form che trovate direttamente nel sito omonimo.

- A fine agosto il Rifugio Vazzoler era già chiuso, informatevi prima della partenza se prevedete di fermarvi lì per pranzo o pausa merenda.

- Nello zaino portate un cambio, il sacco lenzuolo, ciabatte e necessario per l'igiene, kway, giacca termica, berretto, scaldacollo (e guanti se andate verso fine estate), crema solare.

- Le bacchette per me sono state indispensabili lungo il percorso.

- Ho scritto il racconto in prima persona, ma durante il trekking non ero sola. In montagna, soprattutto in caso di sentieri impegnativi è importante non essere mai da soli in particolare se non si è super esperti, e poi in compagnia è molto più bello, con chi mi lamentavo sennò?? E c'era anche mio figlio che al tempo aveva 12 anni, che mi ha dato del filo da torcere...

- Mai improvvisarsi esperti in montagna, mi raccomando: scarpe e vestiti adeguati. L'ho scritto per ultimo ma sarebbe da ripeterlo all'infinito.

VAL DI ZOLDO, TRE ESCURSIONI DA NON PERDERE

by 6:44 PM




Ho spento il cellulare, ho volutamente dimenticato a casa il pc e sono partita per qualche giorno tra le montagne Venete.
Un po' per disintossicarmi, un po' per staccare dal lavoro, un po' perché le mie vacanze erano ancora lontane e avevo bisogno di una pausa mentale e fisica.
Sì, fisica perché mi sono messa alla prova.
Da quest'inverno ho cominciato ad allenarmi un po' più spesso e costantemente rispetto ai miei standard. A casa quando il tempo non lo permetteva e in esterna con camminate sui colli e in pianura.
Non che avessi in programma di scalare cime impossibili, ma mi sono messa di buona lena visto che ultimamente mi ero rilassata troppo e la pigrizia aveva preso il sopravvento, e poi devo dirvi la verità, dopo i quarantanni ho voluto mettermi degli obiettivi all'orizzonte, da raggiungere, un passo alla volta. 
Uno di questi è quello di allenare il mio fisico alla resistenza.
E sto meglio. 
Veramente.
Ma bando alle ciance e parliamo di cose serie.


Sono stata qualche giorno in Val di Zoldo, nelle splendide dolomiti Bellunesi, patrimonio UNESCO e meraviglia della natura.
Avevo guardato varie mete, anche in altre regioni, ma poi ha vinto il mio Veneto, e i molti luoghi che ancora non conosco.
Ho preso in affitto un appartamento a Pecol, esattamente con il Monte Pelmo da una parte e il Monte Civetta dall'altra. Giuro, non li avevo ancora visti da così vicino, e devo dirvi la verità che mi sono emozionata.
Quando ero giovane (suvvia più giovane di ora) mi ero perfino inerpicata in trekking della durata di alcuni giorni, dormendo in rifugi e ammirando spettacoli che non si riescono nemmeno a spiegare.
Ma da un po' di anni e con un bambino piccolo alle calcagna le cose si erano allentate. Ora lui non è più tanto piccolo ed è molto bravo e determinato nel raggiungere la meta, forse dovrei imparare da lui...

Vi racconto tre escursioni fatte con gli scarponcini ai piedi, con il sole in fronte (quasi sempre) e la voglia di camminare passo dopo passo, senza fretta, perché la fretta è una brutta cosa se vuoi goderti il più possibile la montagna.

Rigugio Coldai

Ne avevo tanto sentito parlare, poi avevo anche sbirciato foto online e cercato informazioni. Era bellissimo in quelle immagini, con la roccia viva del Civetta alle sue spalle, ed un laghetto lì vicino dal quale si può ammirare la Marmolada.
Ero carica di aspettative, e sono andata a vedere con i miei occhi e a toccare con mano quella roccia.
Sono partita dal rifugio Palafavera (1500 m circa) per arrivare al rifugio Coldai  (2197 m) con un dislivello di circa 700 m. Si può scegliere di fare il primo tratto il seggiovia (10 minuti) o a piedi (1 oretta) e arrivare fino a Malga Pioda. Già qui il paesaggio è qualcosa di incredibile, lo spettacolo della natura riesce sempre e comunque a stupire. Dalla Malga Pioda bisogna seguire le indicazioni per il Rifugio Coldai e salire per un'altra oretta; poi dipende se ci si ferma a fare ottocento foto, o a prendere respiro o solamente a guardarsi attorno e ringraziare, non so ancora chi, per il paesaggio.
Durante questa scarpinata ho scoperto che la vecchiaia fa brutti scherzi: mai sofferto di vertigini, eppure ho avuto parecchio fastidio, finché un signore gentile (che mi abbia vista sull'orlo del baratro?) mi ha spiegato come ripigliarmi per compiere gli ultimi trecento metri.
Così sono arrivata a toccare con un dito le pareti verticali del Civetta, a godermi un paesaggio senza eguali, a sentire il vento freddo sferzare e spettinarmi i capelli e a immergermi in un contesto lontano dalla mia vita di tutti i giorni. Qui non c'è confusione, non c'è nulla, c'è solamente l'uomo che convive con la montagna, e che la rispetta... sempre.
A quindici minuti dal rifugio si raggiunge il laghetto Coldai, dai colori cangianti, dipende se c'è sole o una nuvolona che passa sopra. Lì ho pranzato con un panino in silenzio, ascoltando i passi attorno a me.
Dal rifugio Coldai si può raggiungere in un'altra oretta e mezza il rifugio Tissi. Ma questo lo farò l'anno prossimo, promesso!

















Rifugio Venezia

Altro giorno, altro rifugio. 
Per arrivare al rifugio Venezia sono partita dal Passo Staluanza ed ho seguito il sentiero 472d, parte dell' Alta via n. 1. Un percorso non molto complicato, è quasi sempre in piano tranne una salita iniziale e poi verso la fine quando manca veramente poco per arrivare al rifugio; è uno dei più antichi delle dolomiti. La durata è di circa sei ore in totale, anche qui senza contare eventuali fermate foto, merende o soste per guardare a testa in su le pareti del maestoso Monte Pelmo. C'è anche une deviazione (che non ho fatto) per vedere un masso che conserva i fossili del passaggio dei dinosauri risalente a duecentoventi milioni di anni fa.
Dicevo che il percorso è abbastanza tranquillo, un sali scendi fino in quota, ma così splendido da fare che anche se fosse stato più faticoso, mi sarebbe piaciuto lo stesso. La particolarità di questo sentiero è quella del paesaggio circostante che cambia continuamente: prima un bosco, poi un lungo sentiero di pini mughi, poi un pascolo ed infine roccia viva e ghiaia fino ad arrivare al rifugio Venezia che si trova su una piccola altura alla base sud orientale del monte Pelmo. Appena arrivata mi sono fermata a godermi il paesaggio, a respirare l'aria pulita e fresca, ma poi sono entrata nel rifugio a bermi una birra e a mangiarmi un piatto di pasta: avevo sete... e fame!
















Rifugio Città di Fiume.

Il nome di questo rifugio mi incuriosiva, un po' come mi incuriosiscono le copertine dei libri e il loro titolo, e li compro senza leggere di cosa trattano: lo stesso è stato per il rifugio, mi incuriosiva il nome, e dovevo scoprire perché si chiama così. In realtà non c'è poi molto da dire se non che è stato inaugurato nel 1964 e il suo nome ricorda i Fiumani in esilio. Delusa? Nemmeno un po' perché anche questa passeggiata si è rivelata bellissima: il Pelmo domina incontrastato, una delle viste più emozionanti di sempre.
Ci sono molti sentieri che portano al rifugio, io ho preso quello che parte da un tornante poco dopo Passo Staulanza. Non credo abbia un nome ma è ben visibile con un parcheggio ai piedi del grande massiccio.
La camminata dura circa un'oretta e non è complicata, il sentiero è adatto a tutti, passeggini compresi; col senno si poi ne avrei scelto un altro un po' più avventuroso. L'arrivo alla rifugio è stato con un bel wooooww di sottofondo... sì perché la vista del Pelmo da lì è stupefacente. Ho scritto stupefacente???? 
Nessuna foto o descrizione rendono giustizia al paesaggio, quindi dovete vederlo con i vostri occhi!
Lì le mucche erano al pascolo, mi sono seduta ad ascoltare i campanoni che dal loro collo venivano cullati e a far prendere un po' di sole alla mia pelle troppo bianca. Ma l'ozio è durato poco e mi sono diretta a fare quattro passi nel bosco verso la Forcella Forada, un punto di incontro sotto il grande Pelmo, una diramazione di vie che si incontrano e si lasciano al destino nello stesso istante. Ne è valsa la pena affondare nel fango per un metro, se la vista poi era questa...






Una birra e dei buoni salumi non me li ha tolti nessuno al rifugio, una volta rientrata: poi con la parete del Pelmo lì davanti il pranzo è diventato uno dei migliori mai fatti.






 Ciaooo






 P.S.
I cappellini che indosso nelle foto sono frutto di una collaborazione. Se volete dare un occhio ai vari modelli, anche personalizzabili guardate qui: Atlantis.


































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