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UGANDA, QUANDO NON SERVONO PAROLE

by 4:11 PM


L'Africa ti entra subito dentro, anche se non vuoi. 
Anche se ti senti un intruso.
Quando però metti da parte i primi timori, vedi solo il sorriso delle persone, il colore rossastro della terra, quello azzurro del cielo (quando non piove), e quello verde dei campi.
Kampala è una città troppo trafficata per essere apprezzata, ma un giro in notturna ad assaggiare le cavallette fritte vale la pena. Appena fuori invece si scoprono negozietti che si susseguono lungo le strade e paesaggi di un verde accecante.
Le foreste possono mostrare animali incredibili, e le campagne ti accolgono con gli occhi dei bambini che prima ti guardano timorosi, poi curiosi e infine urlano "Muzungu, how are you?".

Mr Q.

















BERKELEY E LA BAY AREA

by 12:39 AM




Berkeley è da sempre uno dei nomi delle università americane, che tutti collegano ad un polo culturale alternativo ed anticonformista. Perciò, quando mi capita di andare per lavoro un paio di settimane vicino a Sacramento con il mio amico-collega francese J., e lui mi spiega che ha un caro amico che fa il ricercatore all'università di Berkeley, e che volendo potrebbe ospitarci qualche giorno, non ci pensiamo due volte e accettiamo l’invito forzato di D. a trascorrere un weekend lungo a casa sua.
L’arrivo non è dei migliori. Atterriamo stanchi in serata a San Francisco e prendiamo un taxi fino a Berkeley, confidando nel rimborso aziendale…perché il tassametro scorre veloce lungo le 27 miglia che ci separano dalla casa di D. e alla fine segna circa 150 $.
La casa però è magnifica. Adagiata sul fianco delle colline al limite della città, completamente in legno, realizzata da un architetto della scuola di Wright. Sono estasiato. Mentre entriamo D. saluta un paio di sue amiche e ci mostra la veranda, la cucina, il soggiorno, la sua camera e il bagno. Noi possiamo sistemarci su dei materassini gonfiabili in soggiorno per dormire, ma ora è il momento di un mojito con Ruth, che è appena arrivata. Mi sovrasta in altezza e in stazza, capisco una parola su tre di quello che dice, e la maggior parte delle volte quella parola è “fuck”, ma mi sembra simpaticissima. Dopo l’aperitivo e qualche procione in cucina (carinissimi, ma pare che i procioni siano una piaga per gli abitanti…) andiamo a casa di Bridget per una cena a base di ostriche. Bridget si presenta con un livido gigantesco su mezza faccia. Io ovviamente non dico nulla, l’ho appena incontrata!! Ma D. dopo un po’ le chiede come va la botta…e lei racconta che sta meglio, ma che non è più andata a fare surf nell’ultima settimana, e mi spiega che quando si surfa bisogna sempre stare attenti, “perché c’è sempre una seconda onda!!!”. Capisco e mi faccio raccontare delle sue esperienze alla Half Moon Bay, che pare sia uno spot perfetto a sud di San Francisco, in particolare per i principianti, nonostante le seconde onde.

Il giorno dopo io e J. Andiamo a San Francisco con il Bart (il treno che collega tutta la Bay Area); io ci sono già stato, ma quella città è incredibile e così ci ritroviamo a camminare in mezzo al set di un qualche film di Will Smith, con la polizia che ci allontana, prima di farci un classico giro in cable car e approdare al turisticissimo Pier 39.








A cena ritroviamo D. e mangiamo ostriche (ancora???) e poi ci riporta a Berkeley: prima in uno splendido bar per bianchi dove c’è un novantenne che suona il piano e accetta richieste, che puntualmente non soddisfa; poi in un locale per neri; D. contratta qualche minuto con il buttafuori, sembra non vogliano farci entrare, ma alla fine ce la facciamo e ci ritroviamo a ballare musica a palla in un misto tra reggae e rap. Prima di andare a casa ci vuole una birra in un pool bar…ma D. passa sempre così i suoi venerdì sera??
Arriviamo a casa distrutti, è notte fonda, e crolliamo sui nostri materassini, mentre D. si mette a lavorare…”Ragazzi, domattina fate il baccano che volete, io dormo con i tappi, non preoccupatevi. E se andate a Point Reyes, attenti a the big one!!”. Perchè il Parco di Point Reyes è proprio a cavallo della Faglia di Sant’Andrea, e qui pare che tutti aspettino the big one da un momento all'altro. Noi speriamo che non arrivi proprio mentre ci siamo noi, e prendiamo una macchina a noleggio per arrivarci e fare una camminata fino all'oceano, dove il panorama attutito dalla nebbia è spettacolare. Sulla via del ritorno ci fermiamo a guardare il Golden Gate. L'effetto che fa vederlo è probabilmente simile a quello che faceva sui 49ers quando arrivavano nella Bay Area carichi di aspettative.




“Sulla strada del ritorno non dimenticatevi di comprare le ostriche!”, questo ci ha anche detto D.; e così prima di rientrare ne compriamo un sacco e io giuro che stavolta non le mangerò, perché tre volte in due giorni per me è decisamente troppo!!
Appena rientrati scopriamo che ci autoinviteremo ad una festa in una casa privata. E così camminiamo per le strade di Berkeley fino ad una casa da film, che scoppia di persone…Ritroviamo Ruth e Bridget e una serie di altri personaggi che D. conosce. Sembra veramente di entrare in uno di quei cliché hollywoodiani: di sotto una grande sala con musica dal vivo, un gigantesco giardino e di sopra una serie di stanze. C’è da bere e da mangiare, non ho idea di chi sia il padrone di casa, ma lo scopro nel giro di 3 minuti quando una ragazza comincia a parlarmi e mi indica i ragazzi che abitano qui. E’ carina, e dopo due domande adocchia l’anello che porto al dito e mi chiede se sono sposato. Le dico di sì, e lei gentilmente mi dice che è stato bello conoscermi e magari ci rincontreremo. La serata si scalda quando arriva un gruppo di percussionisti che comincia a suonare, e mi sento come nella scena del party di Matrix Reloaded, un gruppo di persone che balla al ritmo di percussioni fortissime, tutti insieme, e mi ritrovo Ruth accanto che ogni tanto mi sposta di un metro con i suoi fianchi. Dopo il ballo c’è bisogno di bere e, mentre cerco una birra, mi imbatto nella ragazza di prima che esce con un altro da una delle stanze del piano di sopra. Penso che sono proprio uno sciocco…
Mi riunisco a J. che parla con un gruppo di canadesi, del più e del meno. Sono simpatiche; poi a un certo punto ci chiedono quando ci siamo sposati. J. dice nel 2003, io dico nel 2004. Ci guardano senza capire. Le guardiamo senza capire. E alla fine ci spiegano che pensavano fossimo sposati insieme, e che tutta la gente alla festa lo pensa: siamo arrivati insieme, abbiamo lo stesso anello, e pure un’aria decisamente omo. Penso che sono proprio molto sciocco…

Stufo di essere il partner di J. mi avvio verso casa dove mi attende il mio materassino gonfiabile. Il giorno dopo ci alziamo e D. ci spedisce in centro Berkeley perché c’è una festa pazzesca, un po’ da nerd, ma splendida. Ed effettivamente troviamo un po’ di tutto, DJ in strada che suonano musica a palla, una marea di auto customizzate, e un palco con gente che sembra venire direttamente da Woodstock. L’atmosfera è decisamente splendida. Berkeley è decisamente splendida. E penso che si fosse una seconda onda e potessi tornare indietro e scegliere di fare l’università negli States, questo è il posto dove vorrei andare. Tanto mica potrei permettermi ostriche tutti i giorni!! 





Paolo

VANCOUVER ISLAND di Simone

by 11:15 AM


Simone è ritornato a farmi visita.
Questa è la sua Vancouver Island,
queste sono le sue meravigliose foto...


Una lingua d’acqua separa Vancouver dall'isola che porta il suo nome, avamposto canadese proteso nell'Oceano Pacifico, in linea d’aria a confine con Seattle, città a stelle e strisce.


Attraversare questo confine marittimo è un’esperienza che, nella giusta stagione, regala immense e strabilianti sorprese, sia in termini di fauna marina che di scorci favoleggianti, il tutto condito da una rinvigorente aria frizzantina.


Non ho contato quante orche mi hanno accompagnato lungo il viaggio, con i loro sbuffi rumorosi e le loro macchie bianche inconfondibili,




quanti leoni marini mi hanno divertito con il loro penetrante odore ed il fare litigioso



Quante aquile marine, con i loro eleganti volteggi ed il collo bianco



ed anche una balena mi ha emozionato, in lontananza, con la pinna maestosa, dopo una boccata d’aria, prima di sparire inabissandosi.


Ho potuto incontrare molti di quelli che “qualcuno” definisce occhi del mare, fluttuare silenziose tra insenature o tra pinne giocose



Una traversata, prima di attraccare, immersi nello sciabordio dell’acqua e dei riflessi del sole, tra isole o lingue di terra coperte di boschi, che mi ha colpito dritto nel cuore.


Una città da visitare, quasi fuori dal tempo, è Victoria: accogliente capoluogo della British Columbia, adornata dai suoi vicoli fioriti e dai bei giardini in stile inglese;


Imbellettata di musicisti ad ogni angolo, a colorare l’aria di note allegre o malinconiche




Oltre a monumenti di delicati tributi a chi è tornato



È meraviglioso mangiare per strada facendosi baciare dal sole, nel riuscito tentativo di far sembrare primavera un autunno già cominciato.


Tra le mille cose che meritano di essere viste e gustate a Vancouver Island, merita senza dubbio una tappa, per chi ama i colori della natura, il Butchart Garden: un parco con mille fiori, piante e composizioni mirabilmente curati, dove perdersi errando e far volare i pensieri lontano.




A conclusione della magnifica cavalcata in quell'oasi di pace nel rigoglioso verde, il tramonto dell’Oceano mi ha donato uno spettacolo che porto ancor oggi nel cuore.



Questa, Signori, è la mia Vancouver Island.

Simone di icatturaattimi

SULLA STRADA PER SHAQLAWA

by 8:44 AM


Il Medio Oriente mi affascina.
Sono curiosa del suo passato e del suo presente.
Sono sempre in attesa di storie, dalle persone che ci sono state.
Ed io mi incanto ad ascoltarle.
Una di queste persone ha scritto uno dei racconti che tanto ho ascoltato.
Spero piaccia anche a voi.


E’ sera tarda, anche se sembra notte fonda da quanto è buio per strada. C’è una stellata splendida, si vede pure dal finestrino, e non si incrocia una macchina. Il nostro guidatore Kawa procede un po’ troppo spedito per le strade dissestate di queste montagne del kurdistan iraqeno.
Ad ogni modo sto per assopirmi, grazie ai Bee Gees (Kawa è un grande fan) quando l’auto si ferma e sento delle voci. Mi sveglio. Siamo ad un checkpoint, ce ne sono ogni tanto lungo le strade. Ma tanto i peshmerga non controllano mai più di tanto, guardano chi c’è in macchina, e se non vedono cose sospette lasciano procedere. Ma è troppo buio per vedere se siamo passeggeri sospetti o meno. E oltretutto Kawa dice che siamo Americani, secondo lui quello è il modo più rapido per passare i checkpoint.
Vogliono vedere i passaporti. Kawa è un genio…La guardia li prende e se ne va. Il mio passaporto…vorrei anche tornare a casa prima o poi…
Ritorna, finalmente possiamo ripartire, così riprendo il sonnellino…e invece no, ci chiede di scendere. Siamo due italiani e un iraqeno, Mister Magoo per l’ovvia somiglianza.
Seguiamo il peshmerga fino alla stazione di controllo, togliamo le scarpe e ci fanno entrare. Ci sono una decina di soldati, in compagnia di una ventina di fucili; qualcuno sonnecchia buttato per terra, qualcun altro guarda la tv che trasmette musica melodica kurda (perché poi i cantanti sono sempre tutti con il cuore infranto per colpa di qualche bellezza locale, con i loro pantaloni attillati, le scarpe a punta e i capelli impomatati non me lo spiego). Ci portano dal capo.
Magoo ci dice di stare zitti ci pensa lui. A posto, penso io. Il capo delle guardie giocherella con i nostri passaporti italiani. Ci chiede cosa facciamo lì. Magoo parla in arabo per 5 minuti. La faccenda non sembra evolversi più di tanto. A quel punto parlo io, e gli spiego che stiamo facendo un sopralluogo per progettare un’opera di ingegneria, che veniamo dall'Italia. Ci guarda e ride…
You are italians, not american.
Eh già.
World champion!!!
E’ il 2009 eppure qualsiasi italiano che non segua il calcio vive dei fasti passati.
Ok, have a safe trip.
Grazie e arrivederci, in barba a Mr. Magoo che guarda allibito il capo delle guardie.
Il Kurdistan è magnifico, penso. Paesaggi mozzafiato tra pianura e montagna e persone incredibili che amano la loro terra e tradizioni e riescono sempre a stupirmi.

Torniamo alla macchina, e riprendiamo la strada per Shaqlawa, per poi puntare ad Erbil, che attraversiamo dopo cena, passando nel traffico del dopo partita di calcio, finestrini abbassati e musica americana anni 70 a palla. Tutti ci guardano e ridono. Finalmente arriviamo all'hotel Monaco, dove campeggia in facciata l’immagine del Principato, ma che del Principato dentro non ha proprio nulla. Ma non posso lamentarmi, penso già alla colazione con patate e melanzane fritte che mi attende l’indomani.

Paolo M.

LISBONA

by 2:46 PM




Un lettore del blog mi ha mandato questo racconto e queste foto. Io a Lisbona non  ci sono mai stata, ma ora sono molto curiosa....le sue parole mi hanno fatto viaggiare fin lì!Grazie.
Buona lettura!

Le persone che conosco che hanno vissuto a Lisbona ma soprattutto quelle che hanno vissuto Lisbona, hanno lasciato là un pezzo del loro cuore. A qualcuna di queste persone, di ritorno da là, una volta ho chiesto “come sta Lisbona?” Sta come al solito, sdraiata sul Tejo, con gli occhi rivolti verso il mare”.
Lisbona è una città che regala sensazioni. Tranquillità, semplicità, malinconia. E tutti questi sentimenti sono mantenuti riservati, intimi, dalla stessa città e dai suoi abitanti. I Lisboeti sono gentili e amano la bellezza ancora poco conosciuta della loro città; non ne sono gelosi, ma chiedono di rispettarla.
In Alfama, il quartiere che sta sotto il castello di Sao George, qualcuno ha scritto una frase su di un vecchio muro. Per scrivere quelle poche parole, questo qualcuno ha usato l’azzurro che, tra gli Azulejos, l’ oceano di Caparica e il cielo sempre limpido che si intravede tra i palazzi di Baixa Chado è un po’ il colore di Lisbona. La scritta in azzurro è un semplice avviso per i turisti; sicuramente quel qualcuno l’ha scritto per amore della sua Lisbona...recita più o meno così: “Turisti, rispettate il silenzio portoghese, oppure andate in Spagna”.

Chi va a Lisbona in cerca di musei, chiese, palazzi, quadri ne rimarrà deluso. Quello che ti fa amare Lisbona non ha nulla a che vedere con la storia; quello che ti fa amare Lisbona sono le viste che ti regalano i miradouro, i terrazzi da cui la città si fa ammirare; quello che ti fa amare Lisbona è camminare a Belem lungo il fiume Tejo, nella luce strana che di giorno illumina il quartiere a ovest del Ponte 25 de Abril; quello che ti fa amare Lisbona è passare il sabato mattina alla Feira da Ladra oppure la domenica pomeriggio a Oriente, la zona dell’EXPO, tra le fontane e l’Oceanario, uno dei più begli acquari d’Europa. Quello che ti fa amare Lisbona è entrare alla stazione di Parque, una stazione apparentemente inutile, e trovare la filosofia trascritta in corsivo sui muri blu. Quello che ti fa amare Lisbona è una passeggiata in Alfama ascoltando il Fado che, uscendo dalle finestre dei locali, se ne va in giro per le viette.



 Veduta del Castello di Sao George 



              Muro della stazione di Parque dal Miradouro de Santa Luzia. 


Una volta, camminando per l’Alfama mi sono perso tra le moltissime viette che ne compongono il quartiere. In queste viette tutti si conoscono e a Giugno tutti vi scendono per cucinare le sardine su delle griglie fumose per la festa di Sant’Antonio. Quella volta in cui mi sono perso sono finito in una piazzetta, una di quelle tipiche dell’Alfama. Di diverso questa piazzetta aveva una porta con sopra un’insegna. Questa insegna sembrava vecchia ma funzionava ancora bene e indicava un piccolo bar. Tejo. Entro. E poi trovo in una stanza tutto quello che Lisbona può offrire: musica, bicchieri di vino e di porto a pochi spiccioli, buon cibo, malinconia, amicizia, semplicità ma soprattutto tranquillità.
Lisbona è una città vecchia e malinconica perché lei stessa ricorda con malinconia i suoi fasti antichi; ma allo stesso tempo è una città che si è aperta alla modernità. Quel tanto che basta, senza snaturarsi, orgogliosa com'è dei suoi ricordi.
Al contrario di quello che succede in moltissime altre città, dove sono i turisti i veri padroni, a Lisbona succede qualcosa di raro: gli stranieri sono ospiti e si devono adeguare ai ritmi lenti della città. Ma poi, se si lasciano andare, torneranno a casa felici.

Anonimo Lettore.




IL PRIMO INCONTRO CON LA MONTAGNA

by 9:47 AM


Teresa non è mai stata in montagna.
Lei è Campana e ha il mare nel sangue, ma vivendo a Padova la vicinanza alle montagne è diventata una "cosa" da scoprire...
Un paio di amici le hanno organizzato un appuntamento con una montagna che sa emozionare...le Dolomiti!




Io sono nata al mare, cresciuta al mare, il primo bacio l'ho dato al mare.
Da me tutto parla di mare: il vento, il profumo dell'aria, la sabbia negli occhi finché passeggi. Il mare è veramente quello che mi manca della mia terra...eppure qualcuno il mare non lo conosce e non ne sente la mancanza perché le sue emozioni le lega ai monti.
Ai monti?
Che?
No, no, in montagna fa freddo, e poi cosa si fa in montagna?
Penso che certa gente proprio non la capisco, ma con il tempo, i racconti si arricchiscano e sembrano anche belli. Io continuo a non capire, proprio non ci arrivo, ma la voglia di provare prende il sopravvento e ... organizziamo una gita in montagna.
Scelgo di non scegliere, di fidarmi e lasciarmi guidare dalle emozioni di chi l'ha vissuto.
Quando iniziamo a salire il paesaggio cambia e tutto diventa verde, più verde.
Immagino di vedere un troll che si sporge dalla grotta che il tempo ha scavato nei monti, proprio come in un racconto fantasy.
Arrivati a Fiera di Primiero facciamo una tappa per "sgranchirci le gambe"... e lo stomaco. Mentre assaporo il mio strudel penso che quelle casette siano un po' surreali, ma è già ora di ripartire, tutti in macchina diretti a San Martino di Castrozza.
Mi guardo intorno e tutto sembra diverso: la luce, l'aria, tutto più pulito, più limpido. Il cielo somiglia ad un bel dipinto, di quelli pieni di colori pastello; intorno a me tutto è altissimo e lo sguardo si perde.
E' ora di pranzo, ma non abbiamo tempo da perdere, un veloce panino allo speck guardando il ruscello gelido e i germani che fanno il bagno e poi via verso Passo Rolle.
Qui cambia tutto, basta alberi, siamo troppo in alto.
Ci incamminiamo verso la baita, niente auto, niente navetta, io adoro camminare. Finché saliamo vedo le facce compiaciute, non lo dicono ma so che lo stanno pensando, sapevano che sarebbero riusciti a stupirmi, non volevano osare troppo con una "novizia" ma li ho lasciati fare, per fortuna.
Compaiono chiazze di neve ostinata, completamente incurante del solstizio d'estate, è una tentazione troppo forte, io adoro le palle di neve.
Guardo tutto con gli occhi di un bambino e aspetto di arrivare alle nuvole per poterle toccare.
Arriviamo alla baita e ci fermiamo ad ascoltare il silenzio, inizio a capire che esistono posti in cui il tempo si è fermato, poi, alzo lo sguardo e ...il fiato si spezza.
In un attimo si aprono le nuvole e compaiono le cime, bianche e rosa, diverse da tutto il resto, quasi piazzate lì per sbaglio o apposta per lasciarti a bocca aperta. Pare che il cielo disegni il profilo dei monti con la china nell'intento di lasciarmi a guardare per ore.
Ci concediamo un bombardino e ci avviamo per la discesa.
Realizzo che mi hanno conquistata del tutto, sto già pensando a quando tornerò, penso che questo viaggio, fatto per scoprire posti nuovi, abbia scoperto posti di me che nascondono sensazioni sconosciute.
Mi accorgo che, a volte, bastano due buoni amici, di quelli con cui stai davvero bene, e tanta voglia di provare.

Teresa C.

MINORCA NEGLI SCATTI DI UN AMICO

by 12:45 PM





Franco è un mio amico.
Franco è un viaggiatore.
Non solo ama viaggiare, ma ama tutto quello che sta attorno ad un viaggio, come l'idea, lo studio, la ricerca, il coinvolgimento...
L'ho conosciuto alla Maldive circa un paio di anni fa, siamo stati una settimana nella stessa Guest House. Solo qualche uscita in barca purtroppo, la febbre alta mi aveva costretta a letto...
E Franco, in un pomeriggio in cui l'acquazzone non la smetteva più, perché se alle Maldive piove, piove veramente, mi ha fatto vedere un video, una raccolta di foto del suo viaggio precedente, fatto alle Seychelles.
Mi ha trasmesso un entusiasmo tale, che l'anno dopo alle Seychelles ci sono andata pure io, con i suoi consigli dettagliati e precisi.
Ci siamo visti solo quella settimana, ma chi l'ha detto che per essere amici bisogna vedersi sempre?
Ci scriviamo mail, condividiamo la voglia di viaggiare, ci promettiamo di incontrarci prima o poi, magari in un altro viaggio, magari qui a Padova o nella sua Torino.

Oggi il viaggio di Franco ci porta in un'isola delle Baleari, Minorca.
Un viaggio fatto di foto, perché certe foto parlano ed emozionano come un racconto.
Io l'ho messa in lista per un prossimo viaggio!


-L’isola di Minorca e’ molto bella e oltre allo splendido mare che la circonda mi ha colpito positivamente il “Cammino dei cavalli” un sentiero che gira tutto intorno all’isola che ti permette di vedere degli scorci isolati e nascosti-
Franco
















Ho ospitato Franco altre volte. Potete leggere e guardare i suoi viaggi qui:
Seychelles, cosa rimane...
Tra male e cielo...Keyodhoo
Bruges, fine anno tra i fiamminghi




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