Il Medio Oriente mi affascina.
Sono curiosa del suo passato e del suo presente.
Sono sempre in attesa di storie, dalle persone che ci sono state.
Ed io mi incanto ad ascoltarle.
Una di queste persone ha scritto uno dei racconti che tanto ho ascoltato.
Spero piaccia anche a voi.
E’ sera tarda, anche se sembra notte fonda da quanto è buio
per strada. C’è una stellata splendida, si vede pure dal finestrino, e non si
incrocia una macchina. Il nostro guidatore Kawa procede un po’ troppo spedito
per le strade dissestate di queste montagne del kurdistan iraqeno.
Ad ogni modo sto per assopirmi, grazie ai Bee Gees (Kawa è
un grande fan) quando l’auto si ferma e sento delle voci. Mi sveglio. Siamo ad
un checkpoint, ce ne sono ogni tanto lungo le strade. Ma tanto i peshmerga non
controllano mai più di tanto, guardano chi c’è in macchina, e se non vedono
cose sospette lasciano procedere. Ma è troppo buio per vedere se siamo
passeggeri sospetti o meno. E oltretutto Kawa dice che siamo Americani, secondo
lui quello è il modo più rapido per passare i checkpoint.
Vogliono vedere i passaporti. Kawa è un genio…La guardia li
prende e se ne va. Il mio passaporto…vorrei anche tornare a casa prima o
poi…
Ritorna, finalmente possiamo ripartire, così riprendo il sonnellino…e
invece no, ci chiede di scendere. Siamo due italiani e un iraqeno, Mister Magoo
per l’ovvia somiglianza.
Seguiamo il peshmerga fino alla stazione di controllo,
togliamo le scarpe e ci fanno entrare. Ci sono una decina di soldati, in
compagnia di una ventina di fucili; qualcuno sonnecchia buttato per terra,
qualcun altro guarda la tv che trasmette musica melodica kurda (perché poi i
cantanti sono sempre tutti con il cuore infranto per colpa di qualche bellezza
locale, con i loro pantaloni attillati, le scarpe a punta e i capelli
impomatati non me lo spiego). Ci portano dal capo.
Magoo ci dice di stare zitti ci pensa lui. A posto, penso
io. Il capo delle guardie giocherella con i nostri passaporti italiani. Ci
chiede cosa facciamo lì. Magoo parla in arabo per 5 minuti. La faccenda non
sembra evolversi più di tanto. A quel punto parlo io, e gli spiego che stiamo
facendo un sopralluogo per progettare un’opera di ingegneria, che veniamo dall'Italia. Ci guarda e ride…
You are italians, not american.
Eh già.
World champion!!!
E’ il 2009 eppure qualsiasi italiano che non segua il calcio
vive dei fasti passati.
Ok, have a
safe trip.
Grazie e arrivederci, in barba a Mr. Magoo che guarda
allibito il capo delle guardie.
Il Kurdistan è magnifico, penso. Paesaggi mozzafiato tra
pianura e montagna e persone incredibili che amano la loro terra e tradizioni e
riescono sempre a stupirmi.
Torniamo alla macchina, e riprendiamo la strada per
Shaqlawa, per poi puntare ad Erbil, che attraversiamo dopo cena, passando nel
traffico del dopo partita di calcio, finestrini abbassati e musica americana
anni 70 a palla. Tutti ci guardano e ridono. Finalmente arriviamo all'hotel Monaco, dove campeggia in facciata l’immagine del Principato, ma che del
Principato dentro non ha proprio nulla. Ma non posso lamentarmi, penso già alla
colazione con patate e melanzane fritte che mi attende l’indomani.
Paolo M.