VOLO "DIROTTATO": CRONACA DI UN RITARDO AEREO

by 11:44 AM


Un viaggio è fatto di incontri, panorami, cibi di strada e... imprevisti.

È un rischio che il viaggiatore conosce, e lo mette in contro perché fa parte della strada che sta percorrendo.
Mi viene sempre in mente una frase tratta dal cartone Dragon Trainer, quando Stoick dice: "Siamo vichinghi, il rischio è il nostro mestiere".
Per noi viaggiatori è più o meno lo stesso: non dobbiamo combattere contro nemici o draghi, ma possiamo inciampare in qualche intoppo, che spesso non è dipeso da noi.

Il racconto che segue non l'ho scritto io, ma ogni tanto ospito qualche guest. Parla di un contrattempo, in una terra con culture e tradizioni diverse dalle nostre, ma che affascinano sempre.
Quando l'ho letto mi sono immaginata, riga dopo riga, tutta l'avventura, tra la curiosità di vedere come sarebbe andata a finire intervallata da qualche sorriso per la situazione a tratti surreale.

Buona lettura.




Aiuto il mio volo è stato dirottato.

Cronaca di un ritardo aereo.

Dopo una notte passata all'aeroporto di Francoforte mi ritrovo a Bruxelles, pronto a imbarcarmi sul mio volo per Freetown, con Brussels Airline. Ho un posto finestrino come piace a me, una vicina tranquilla che sta andando in Africa per nove mesi con Medici Senza Frontiere e un romanzo da finire. Si parte e in 7 ore è previsto l'arrivo a Freetown, Sierra Leone.

Dopo 6 ore però un annuncio gracchiante “Good morning ladies and gentlemen, captain speaking, …” dice che l’aereo non può atterrare a Freetown, ma che deve deviare verso Monrovia, Liberia. Effettivamente la tratta è multipla, cioè se tutto andasse come dovrebbe l’airbus dovrebbe atterrare a Freetown, far scendere parte dei passeggeri e poi proseguire per la Liberia. Ma c’è un problema con le luci dell’aeroporto di Monrovia, non funzionano. 
E l’aereo deve atterrare lì prima del calar del sole.



I passeggeri poco convinti iniziano a fare delle domande al personale, meno convinto ancora…Perché atterrare a Monrovia e non a Freetown visto che a Monrovia c’è il problema? E comunque un aereo non atterra grazie ai radar? E cosa succede ai passeggeri che devono scendere a Freetown?

Forse ho capito male!! Mi sembra tutto assurdo. Raggiungo il mio compagno di viaggio, americano, magari lui ha capito meglio di me e dei miei vicini il messaggio strozzato del capitano, ma lo trovo disorientato quanto me.

Poco prima dell’atterraggio il captain speaking gracchia ancora per dirci che hanno già organizzato un volo per la mattina dopo per i passeggeri diretti a Freetown. Bene, penso, e chissà ora come sarà organizzato l’aeroporto di Monrovia a sistemare mezzo aereo in qualche hotel! Il captain ci dice anche di aspettare a scendere dopo l’atterraggio, perché il personale di terra deve sistemare le faccende burocratiche per il visto di transito nel Paese. Aspettiamo allora, e intanto do un’occhiata all'aeroporto, piuttosto piccolo e fatiscente, ed effettivamente non vedo torri di controllo con sistemi radar…mah!

Dopo una mezzora possiamo scendere e sbrigare le pratiche di ingresso. Entriamo ed un grande soldato sorridente ci chiede il passaporto.

E se lo tiene.

Ha i passaporti di 80 persone nelle sue mani giganti. E sorride.

Ecco, mi sento nudo, sono ostaggio in un Paese straniero. Chiedo spiegazioni, ma mi viene detto dal soldato che questa è la procedura. Il personale di terra, spaesato, mi rassicura “non c’è problema, tengono qui i passaporti durante il transito, ora vi organizziamo un transfer per un hotel e vi diamo un voucher”. Io continuo a tenere la mano nella tasca dove di solito ho il passaporto e ho la sgradevole sensazione di aver perso le chiavi di casa.

Beh, meglio non pensarci e vedere cosa succede fuori dove intanto si sono ammassati gli altri viaggiatori davanti ad un piccolo autobus della Brussels Airlines, che ha una capienza di 20 persone; forse. 

Il primo gruppo parte ma io e tutti gli altri restiamo a piedi al caldo e all'umidità della serata liberiana, mentre l’equipaggio del nostro aereo ci sfila davanti e sale su dei SUV che li portano a riposare in qualche hotel di Monrovia. A proposito, ma quanto distanti siamo da Monrovia? Quanti autobus hanno qui per trasportarci? E se è solo uno quanto ci mette a fare avanti e indietro? La ragazza impaurita che si sta prendendo cura di noi dice che in un’ora dovrebbe arrivare un altro bus. Ho capito, meglio mettersi tranquilli e comodi... Qualcuno ci dice di andare a sederci nella sala d’aspetto, è più fresco. E c’è il Wi-fi. Che consolazione! Ci sono anche dei cartelli poco realistici appesi al muro in angoli nascosti:

Alcoholism is strictly prohibited

Drugs transportation is not allowed

Mi sento più rilassato allora! Tutti sono seduti su scomodissime sedie di metallo e giocano con il telefono, finché qualcuno si alza e allora tutti si alzano, deve essere successo qualcosa. C’è il bus. E’ sicuro. Ma in realtà quando sei in queste situazioni non fai un’analisi critica di quello che ti circonda e semplicemente ti adegui alla massa, sperando che la massa abbia ragione. Allora torniamo fuori e sì c’è un bus, che potrà portar via altre 10-15 persone. Intanto prendono i nostri nomi (stranamente finora nessuno l’ha fatto) e ci danno anche un bicchiere d’acqua. Ma il risultato non cambia. Dopo più di un’ora siamo ancora bloccati qui.

Come se non bastasse il sottofondo sonoro è terribile, qualche tipo di cicala africana fastidiosissima, anche se a sentirlo bene, sembra che ci sia un motivo che si ripete in questo gracchiare, ed è un motivo che mi ricorda le canzoni di Natale. Jingle Bells, Santa Claus is coming to town…ma si! Non sono cicale, sono le lucette di Natale appese all'ingresso dell’aeroporto, splendide, rosse e verdi, probabilmente in funzione da così tanto tempo che la canzoncina sta subendo una mutazione elettrogenetica. E’ tutto talmente surreale che non viene nemmeno da porsi la domanda sul perché a febbraio ci sono ancora le lucine di Natale appese…E sono sicuro che non risalgono al Natale scorso.

Dopo altre due ore di attesa vedo arrivare il mio bus. Mi faccio largo tra le persone, su questo devo riuscire a salire. Guardo meglio e riconosco lo scuola bus di Forrest Gump. E’ splendido, ma siamo sicuri che ci possa portare da qualche parte? Sembra vecchiotto e malandato. Non ha luci funzionanti, a parte le frecce, e ormai è buio.

Non importa, prendo posto, nessuno potrà farmi perdere la mia posizione, tanto sudata. Letteralmente. Siamo circa una ventina di persone con i loro bagagli a mano a riempire l’autobus. Siamo pronti, ma non si parte. Che succede ora? Altra mezzora ad aspettare senza ricevere alcuna informazione. Non si capisce. Non c’è un filo d’aria e i passeggeri cominciano ad innervosirsi; un signore in preda ad una produzione di sudore industriale comincia a inveire con la povera ragazzina della Brussels Airlines. Poi capiamo, ci sono 5 passeggeri che devono andare in un hotel differente perché quello dove è diretto il nostro bus non ha abbastanza stanze. Li fanno scendere. Partiamo!!Sì! l’autista mette in moto, ma dopo poche manovre si ferma di nuovo. E adesso?? Dopo altri 20 minuti risalgono a bordo i 5 appena scesi. Che confusione, non importa purché si vada e passi un po’ d’aria dai finestrini.

Ci muoviamo finalmente lungo strade buie che il bus non può illuminare più di tanto. Ma siamo tutti così stanchi che nessuno si rende conto del rischio. Prendo sonno cullato dalle buche e mi sveglio davanti ad un resort per osservare i famosi 5 che scendono e vanno al bancone della reception a ricevere le chiavi delle loro stanze. Tutti gli altri me incluso ancora schiacciati nel caldo-umido del bus americano, importato in Liberia quando già non avrebbe più dovuto circolare.

E poi le vedo. Due ragazze bionde che escono dall'entrata del resort e vanno verso un edificio che è chiaramente indicato come Spa. Forse sono ancora assonnato. Ma no, sono reali, in una situazione che di reale non ha nulla. A parte il caldo umido e la mezzora che trascorriamo sempre stipati ad aspettare il ritorno della nostra balia, ancora occupata a negoziare con la reception del resort. E il signore sudaticcio riprende a sbraitare contro di lei, scende, adesso la spezza in due, penso…

La situazione sta sfuggendo di mano, e allora ecco che arriva il pragmatismo africano. La ragazza ci fa scendere tutti, e ci dice che l’hotel “dovrebbe” avere stanze per tutti. Mentre lei cerca di capire meglio noi possiamo accomodarci al bancone del bar ed ordinare qualcosa da mangiare, al fresco dell’aria condizionata, guardando la replica del diciottesimo slam di King Roger a Melbourne. Il resort è al di sopra delle mie rosee aspettative, pulito, moderno, con piscina e spiaggia, anche se non mi sembra molto local. Finito di mangiare inizio a preoccuparmi per la stanza, come gli altri passeggeri. Capisco che se io e l’americano dividessimo una matrimoniale potrebbe essere più semplice per loro e ci darebbero la stanza subito. Siamo stanchi e la soluzione è più che accettabile ormai. Così finiamo in una stanza molto bella che fortunatamente ha sul letto un cuscino gigante lungo più di un metro che possiamo usare come divisorio per il nostro breve riposo. E’ ormai mezzanotte e alle 5 dobbiamo essere pronti per il ritorno verso l’aeroporto.

In 6 ore dall'atterraggio siamo riusciti ad avere un letto, e ora siamo intenzionati a goderci le nostre 5 ore di sonno.

Anzi 4 ore di sonno, interrotte da un urlo straziante “Wake up call!!!” che si ripete finché non apriamo la porta della stanza. “Breakfast is ready sir!”. Ma come? Sono le 4, manca un’ora alla partenza.

Inutile spiegare che nessuno aveva chiesto la sveglia. Meglio fare colazione e dirigersi nuovamente verso il bus dell’Alabama. Mi rendo conto mentre salgo che mi manca il maglione che avevo la sera prima, torno in stanza, non c’è, guardo meglio nel bagaglio, non c’è, e ricordo di averlo lasciato in aeroporto, nella sala d’attesa…Speriamo di recuperarlo più tardi. Salgo a bordo. Su tutto, le note di una canzone africana sparata a palla che racconta di Nairobi con toni metà tribali e metà caraibici.

Attendiamo altri 20, 30 minuti, non lo so qui si perde la concezione del tempo. Chissà per quanto questo bus resterà fermo in attesa dei passeggeri o di un guidatore. Non ci sono veri programmi tranne quello di vivere alla giornata. Non ci sono veri problemi tranne quelli che non si possono risolvere.

Partiamo, fuori è buio, e nonostante la musica riesco ad addormentarmi. Mi sveglio ad ogni sobbalzo, e ce ne sono parecchi. E mi sveglio anche quando all'improvviso il bus si ferma. Penso che siamo arrivati, ma no, siamo avvolti nella nebbia e il guidatore esce con una bottiglia d’acqua e inizia a lavare il vetro. Resto basito, ma ripartiamo e finalmente arriviamo anche all'aeroporto. Ci fermiamo ma non possiamo scendere per motivi ignoti, che diventano noti improvvisamente quando capiamo che avevano semplicemente impedito all'autista di farci scendere al terminal degli arrivi, invece che a quello delle partenze (incredibile che questo aeroporto abbia due terminal distinti, considerando che non ha nemmeno il radar).

Scendo al terminal partenze, saluto il bus di Forrest Gump, e mi ritrovo sotto una tettoia, a cercare di capire insieme agli altri se rivedremo i nostri passaporti. Per il momento l’unica sicurezza sono le lucette di natale che gracchiano l’odioso loop…!

Quasi subito arriva un soldato con tutti i passaporti e li distribuisce. Splendido. Ma delle carte di imbarco non c’è traccia. Dovremmo partire alle 8 e sono ancora le 6.30, quindi c’è tempo. Poi sono le 7. Poi diventano le 8, ed arrivano le carte di imbarco. Cioè, solo alcune. Chiaramente io non sono nel gruppo dei fortunati e resto fuori dall'aeroporto in attesa del biglietto fortunato. Nel frattempo qualcuno si è seduto per terra, qualcun altro è disteso per terra, siamo tutti stanchi e la musichetta stonata non aiuta per niente, anzi sembra una tortura inflitta apposta! Inizio ad avere allucinazioni uditive, e i suoni natalizi si sovrappongono alle voci delle persone; evidentemente non sono l’unico perché un ragazzo dell’aeroporto cerca di staccare con un rametto la spina che collega il filo delle lucette sul tetto alla corrente. Ma il bastoncino non basta. Il più alto del gruppo si avvicina, ma non è sufficiente nemmeno lui. Allora chiede aiuto ad una sua compagna di viaggio che sale sulle sue spalle e miracolosamente pongono fine alla confusione nella mia testa. Cinquanta persone iniziano spontaneamente ad applaudire e a ringraziare la coppia, io compreso. Sto decisamente meglio, anche se Babbo Natale continua a cantare nella mia testa e ci vorrà un po’ per farlo sparire.

Alla fine arriva anche la mia carta di imbarco. Forza, penso, ormai è fatta, se l’aereo non è ancora partito, visto che ormai sono le 9. Passo i controlli, e mi accomodo nella sala d’aspetto, che chiaramente non è quella in cui speravo di ritrovare il mio maglione perso la sera prima…peccato, ci ero affezionato! Dopo un’altra ora di attesa si apre il gate, usciamo a piedi dall'aeroporto fino ad un punto imprecisato dove viene a prenderci il bus, per portarci alla scaletta a 30 m di distanza. E finalmente posso salire a bordo.

Ora si riparte. Ma verso dove?

Un viaggio nel viaggio...





L'ISOLA DI ALBARELLA , DOVE IL PO INCONTRA IL MARE

by 12:33 PM



Il Po, il fiume più lungo d'Italia, sfocia nel mar Adriatico mentre i suoi rami si intrecciano nel delta quasi a formare un ricamo che si fa strada nella laguna fino a mare.
Al suo interno si trova l'isola di Albarella, nella laguna sud di Venezia, ma in provincia di Rovigo. È un'isola privata accessibile per chi ci soggiorna, per chi ha una casa di proprietà e a visitatori giornalieri ma solo a determinate condizioni.
È una totale immersione nella natura quella che offre Albarella, tra la fauna e la flora che rigogliose convivono non solo tra di loro, ma anche con le persone che transitano nell'isola. Mentre si passeggia o pedala non è difficile incontrare  daini, lepri, aironi e falchi di palude.
Il nome Albarella non deriva da Alba, anche se di albe se ne vedono di spettacolari, ma dall'albero chiamato "Albarea" in dialetto veneto, ovvero il Pioppo Bianco tipico della zona.

All'interno dell'isola ci sono varie possibilità di soggiorno: ci sono appartamenti localizzati in diverse zone dell'isola, come quelli in cui sono stata io che si affacciano su bacini artificiali interni chiamati fiordi e sono molto carini e confortevoli, di varie tipologie per coppie e per famiglie più o meno numerose. Questi hanno l'accesso diretto ai fiordi, utilizzati come piscine di acqua lagunare.
Altre opzioni si trovano all'Hotel Capo Nord e al Golf Hotel.



Cosa fare ad Albarella? Tantissime cose, davvero non ci si può assolutamente annoiare, che voi siate bambini o adulti. Io in due giorni ho fatto....

Imparare a giocare a golf assieme a 200 daini.
Dovete sapere che l'isola ha un campo da golf grandissimo con un green morbidissimo e 18 buche. Dovete anche sapere che a far compagnia ai giocatori da golf ci sono dei carinissimi daini che passeggiano indisturbati (o quasi) tra la vegetazione.
Ovviamente il golf non è l'unico sport che potete praticare, ci sono 24 campi da tennis in terra battuta, un maneggio e altre attività da spiaggia come il beach tennis o il beach volley.
Io ho fatto una lezione di golf con mio figlio, che anche in questo sport si è dimostrato più ginnico di me... Abbiamo imparato la teoria di base: per esempio, lo sapete che per giocare a golf esiste un unico movimento per ogni lancio di pallina e che cambiano solo le mazze in base a dove e come si deve lanciare la pallina in buca? Ecco io non lo sapevo, ed il maestro è stato molto bravo e anche molto convincente che quasi quasi gli prenotavo già dieci lezioni da qui a fine estate, ma ahimè dovevo tornare a casa. Abbiamo fatto poi un giro con la golf car per vedere quanto è esteso il campo e per fare un incontro ravvicinato con i suoi dolci abitanti. 



Fare un giro in bici in laguna.
Ad Albarella la macchina si lascia posteggiata e dimenticata e si prende una bici a noleggio, o la vostra che vi siete portati da casa, per spostarsi nei vari punti di interesse: fa bene pedalare e non si inquina. Sappiate comunque che se usate l'auto, la velocità massima consentita è di 30 km all'ora. 
Un giro molto bello e a contatto con la natura è quello che porta in laguna, dove i pescatori aspettano che i pesci migliori abbocchino alla lenza, o dove grandi reti vengono issate ad intervalli di tempo regolari.
La sensazione di pace è indubbia, pedalare tra quelle valli ci ha messo tranquillità e un senso di calma che a volte si dimentica di avere. Rigenerante.


Portare i vostri figli (ma se sono grandini possono andarci anche da soli) ad AlbarellaLand.
AlbarellalLand è un parco giochi sostenibile nuovo di zecca, dove grandi e piccini possono divertirsi in tutta sicurezza e con un occhio di riguardo all'ambiente. Infatti le attrazioni sono realizzate con materiale naturale come il legno e la corda dove arrampicarsi, scivolare e inventare nuovi giochi. Il progetto fa parte dell'iniziativa condotta sull'isola di Albarella "Immersi nella natura", che prevede degli interventi di riqualificazione del patrimonio naturale del territorio.


Ovviamente potete passare del tempo in spiaggia e scegliere tra quella libera o attrezzata, fare molte passeggiate e delle incredibili mangiate di pesce, beh siamo sul mare!
Noi abbiamo provato il ristorante del Centro Sportivo e il ristorante La Barca, entrambi ottimi. Vi consiglio in stagione di assaggiare le moeche, sapete cosa sono vero? 

Se volete informazioni su tipologie di alloggi o sulle attività sportive, o per qualsiasi altra vostra curiosità, potete visitare il sito Albarella.it




Soggiorno e articolo in collaborazione con Albarella.it


IL CANTICO DELLA NATURA L'ECO RESORT A DUE PASSI DAL TRASIMENO

by 5:27 PM


Ritornare a viaggiare dopo questo periodo di emergenza sanitaria è stata una boccata d'aria che ho inspirato a pieni polmoni. L'aria per un po' era mancata, e mentre boccheggiavo sognavo valigie da fare e disfare (cosa che tra l'altro non amo particolarmente, ma si sa, quando qualcosa manca...).

Ritornare a viaggiare in sicurezza, questa è la parola d'ordine, ma soprattutto in luoghi in cui la parola assembramento, che affolla solitamente i nostri pensieri, sia solo un ricordo.
Per questo vi voglio raccontare di un luogo dove con la natura sarà l'incontro più ravvicinato che potrete avere.
L'Ecoresort il Cantico della Natura si trova in Umbria e domina dalla sua collina la valle sottostante ed il lago Trasimeno. I suoi venticinque ettari di proprietà sono a completa disposizione degli ospiti che possono usufruire degli alloggi, della piscina, del ristorante e della spa, ma anche delle passeggiate rigeneranti tra ulivi secolari e boschi. 
Un luogo perfetto dove staccare la spina e vivere in perfetta tranquillità il proprio tempo.
Un rifugio per famiglie, ma anche per una fuga d'amore, perché il romanticismo al Cantico della Natura è di casa.


La maggior parte delle camere si trova al piano terra e con ingresso indipendente, arredate in stile antico, a permetterci di fare un salto indietro nel tempo.
La colazione, il pranzo e la cena possono essere serviti in camera, ed è un valore aggiunto e un gesto molto apprezzato dagli ospiti soprattutto in questo periodo.


La colazione si può consumare anche nella sala ristorante e nei tavoli all'aperto; il buffet per ovvi motivi non è usufruibile nel modo consueto, ma il personale dedica il proprio tempo a servirne i prodotti direttamente ai clienti che a turno possono scegliere come comporre la propria colazione.
Il servizio al ristorante resta attivo con tavoli distanziati e con tutte le regole di igienizzazione necessarie.


E a proposito di cene, un punto, ma facciamo anche due, vanno a favore del ristorante del Cantico della Natura, dove lo chef propone piatti della tradizione Umbra rivisitati in modo da colpire non solo il palato ma anche la vista.
Si può scegliere tra il menù degustazione e quello a la carte, il tutto accompagnato da ottimo vino, gustato appieno grazie all'abbinamento che il personale ha proposto.

L'Ecoresort Il Cantico della Natura è anche un ottimo punto di partenza per visitare i dintorni; infatti molti sono i sentieri da percorrere a piedi, in bici o a cavallo, i paesini attorno al lago Trasimeno e i piccoli borghi arroccati. 
Ecco i miei tre consigli:

Passignano sul Trasimeno
Si trova sulla sponda nord del lago omonimo, ed è un paesino molto carino per passare qualche ora a passeggiare. Nella parte più alta della cittadina si trova la rocca che risale al Medioevo e dove si può visitare il Museo delle Barche. Da Passignano ci sono i collegamenti per raggiungere in battello l'Isola Polvese e l'isola Maggiore che si trovano sul lago. Se nel frattempo vi viene fame, fermatevi alla Bottega di Zefferino, una pizzicheria enologica dove potete gustare le specialità del territorio come la famosa torta al testo, i salumi e i crostini, accompagnati da vino o birra, tutto local ovviamente!

Panicale
La sua posizione, su una dolce collina, gli permette di dominare sul lago e sulla campagna attorno fino ad arrivare con lo sguardo in Toscana. Al centro storico del borgo si arriva attraverso la Porta Perugina in un passaggio che conduce alle tre piazze del paese collocate su tre livelli diversi. Un borgo fuori dal tempo, "protetto" da San Michele Arcangelo, dove perdersi tra i vicoli in pendenza per poi sbucare improvvisamente su terrazze, e innamorarsene, letteralmente!


Il tramonto sul Monte Penna
Questa è una passeggiata semplice semplice ma di grande effetto. Partendo dall'Ecoresort Il Cantico della Natura potete prendere un sentiero in salita che in una ventina di minuti vi porterà in cima al Monte Penna. La passeggiata (da non fare in ciabatte o ballerine mi raccomando) passa in mezzo ad un bosco per finire in una radura dalla quale ammirare uno splendido paesaggio a trecentosessanta gradi. Ovviamente vi consiglio di farlo al tramonto per poter vedere il sole che si tuffa sul lago Trasimeno. Imperdibile.



Fine settimana rigenerante in un contesto da favola.
Per qualsiasi altra informazione potete visitare il sito Il Cantico della Natura



Articolo scritto in collaborazione con la struttura.



ASSOCIAZIONE NESOS, IL TREKKING ALLE EOLIE

by 4:28 PM


Po meno un anno fa mi accingevo a partire per un viaggio alle Eolie.
Era il mio ritorno dopo molti anni,
un ritorno per riassaporare quei luoghi colmi di natura e poesia. 
Ma delle Eolie non ci si stanca mai e dopo otto mesi, a novembre, ci sono ritornata, perché quelle isole sono una panacea per tutti i mali, un toccasana per la mente ed il corpo.

Molti, ancora, pensano che le Eolie siano belle da vivere solamente per il mare, per il relax sulla spiaggia e le nuotate nelle acque cristalline. Le Eolie sono anche questo, ma devo dire che per me la parola relax lì assume un significato diverso, cioè infilare scarpe e abbigliamento comodi, uno zaino con una bottiglia d'acqua pronto per essere riempito di nuove esperienze attraverso i sentieri che le sette sorelle offrono al visitatore.

Ci sono percorsi che si possono fare in autonomia, ma per altri io consiglio vivamente di affidarsi a delle guide esperte, non solo per una questione di sicurezza, ma anche di esperienza e conoscenza. Impagabile fare un percorso che passo dopo passo viene spiegato nella sua interezza, dalla storia del luogo alle erbe commestibili che si possono trovare lungo la strada.

Ho avuto il piacere di conoscere, nei miei ultimi due viaggi alle Eolie l'associazione Nesos, creata nel 2001 da un gruppo di ricercatori e guide naturalistiche con lo scopo di conservare e studiare la biodiversità e sostenere l'ecoturismo delle isole.

Nesos organizza escursioni durante tutto l'anno (sempre monitorando le condizioni meteo e del mare e il troppo caldo che nel mese di agosto può rendere particolarmente faticosa la camminata) alla scoperta dei cento e più sentieri che percorrono le sette isole.
Un'esperienza che consiglio di fare, perché scoprire un pezzo di isola attraverso  la passione di persone preparate e qualificate non ha prezzo.


Con l'Associazione Nesos ho fatto due escursioni.

La prima a marzo alla scoperta di Vulcanello e di alcune zone di Lipari con Pietro e la seconda a novembre sulla splendida isola di Filicudi con Flavia.



Vulcanello


Vulcanello è uno dei vulcani presenti nell'isola di Vulcano, rimasto attivo fino al sedicesimo secolo, ma soprattutto è stato lui a creare dopo una grandissima eruzione la penisola sulla quale ora giace e che l'ha congiunto a Vulcano che era sola soletta.

Un cono vulcanico alto circa cento metri raggiungibile facilmente con una passeggiata non impegnativa, partendo anche dal porto, dove giornalmente arrivano i traghetti dalle altre isole. La vegetazione nella zona è rigogliosa, ginestre ed oleandri abitano le pendici colorando il vulcano nei mesi di fioritura.
In cima si trovano un gruppo di tre crateri vicini tra di loro dai quali è fuoriuscita la lava nel periodo di attività che ha dato vita a Vulcanello.
Una piacevole immersione in una parte dell'isola che molto spesso viene tralasciata o alla quale non si dà la meritata importanza.
La cima offre un panorama spettacolare a trecentosessanta gradi, da un lato la vista su Vulcano (che toglie il fiato vi avviso) e il suo cratere, mentre dal lato opposto si ammira la parte meridionale di Lipari. Lanciando lo sguardo all'orizzonte a nord est si vede Panarea e la perfezione del cono si Stromboli, a nord ovest invece ci sono le sorelle Alicudi e Filicudi 
Suggestiva la valle dei Mostri, chiamata così per le formazioni di roccia lavica che hanno fantasiose e bizzarre sembianze di mostri e il panorama incantevole su Lipari che si trova a pochi chilometri di distanza.


Lipari vista da Vulcanello 


In viaggio con le mie amiche! Monica, io e Milena sopra Vulcanello

Lipari


Lipari è una risorsa infinita di posti poco conosciuti (per fortuna) e che hanno una storia alle spalle da raccontare. Pietro, mi ha fatto conoscere un'isola piena di ricchezze dal punto di vista geologico. Esiste un canyon di pomice che è stato scavato dalle piogge creando così un scenario quasi surreale da quanto è bello. Pensate che l'estrazione di pomice a Lipari iniziò nel quinto millennio avanti Cristo in corrispondenza dei primi insediamenti documentati e lo stesso vale per l'ossidiana, il nero vetro vulcanico formatosi per il rapido raffreddamento della lava e che nell'isola si trova spesso come formazione geologica diventata tutt'uno con il territorio, anche sotto forma di piccoli pezzetti e schegge che si possono scoprire camminando nei numerosi sentieri, facendo un viaggio nel tempo fino alla preistoria quando questa pietra veniva lavorata per costruire strumenti taglienti.
Altro posto visitato sono state le cave di caolino, oggi non più in uso, che si trovano sulla costa occidentale dell'isola, nella parte superiore delle scogliere. In un unico paesaggio ci si può immergere nel mondo della paleontologia, della geologia e vulcanologia, quello della mineralogia e della botanica, per non parlare dei colori che il paesaggio assume: magia allo stato naturale.



 Canyon di pomice


 Cava di pomice


Cave di caolino
Filicudi


A Filicudi invece ci sono stata ad ottobre con Flavia, in una giornata che non prometteva bene dal punto i vista meteorologico, ma che ha regalato nonostante un po' di pioggia e di umidità paesaggi incredibili e un tuffo nella storia di questa isola che da sola non avrei mai avuto il piacere di conoscere. Abbiamo camminato tanto, ma è stato così piacevole da non sentire la fatica, ascoltando storie, aneddoti e curiosità, imparando a conoscere le erbe selvatiche che ancora oggi si usano per preparare i piatti della tradizione Eoliana. Lungo la via abbiamo anche incontrato un Filicudaro che ci ha aperto le porte della sua casa e fatto vedere e comprare i frutti della terra: i capperi. Ci ha raccontato anche la storia della rivolta di Filicudi del '71 e la protesta contro i mafiosi, che non conoscevo, ma estremamente interessante.


Mulattiera di Filicudi

Flavia mi ha poi portata a conoscere i villaggi preistorici di Filo Braccio e Capo Graziano, camminando su mulattiere affacciate su mare. Che esperienza incantevole, che terra splendida.
Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire il profumo della salsedine che mi si era attaccato addosso, la pioggia e poi il sole, caldo di novembre che mi ha asciugata e ritemprata per proseguire passo dopo passo lungo i sentieri dell'Isola.
Un Archeotrekking alla scoperta del passato, un viaggio nel tempo, raccontato e descritto con dedizione e passione da Flavia, che mi ha letteralmente ammaliata con la sua conoscenza e mi donato la consapevolezza che non bisogna mai dare nulla per scontato, che non basta leggere un paragrafo di una guida per pensare di aver capito tutto di un luogo.


Filicudi

La scoperta del villaggio di Filo Braccio lungo la costa sud orientale dell'isola, risale alla fine degli anni cinquanta ma altri scavi ripresero nel duemilanove portando alla luce altre nuove aree. Il villaggio è un insediamento dell'età del bronzo. Gli antichi abitanti scelsero quel luogo da chiamare casa perché il mare offriva protezione dagli attacchi e soprattutto un'opportunità per il commercio. C'erano capanne e depositi con ambienti a pianta ovale, tutto creato con pietre e ciottoli di mare.



Villaggio preistorico di Filo Braccio

Capo Graziano invece si trova a 174 metri sul livello del mare, e risale anch'esso all'antica età del bronzo. Qui gli scavi tra gli anni cinquanta e sessanta portarono alla luce più di venti capanne costruite con la pietra locale, anche in questo caso la posizione è stata strategica per difendersi dai frequenti attacchi all'isola via mare. Dopo una salita che si percorre in una quindicina di minuti si arriva al pianoro dove era costruito il villaggio e dove la vista sull'isola spazia su due versanti.



Verso Capo Graziano



Villaggio preistorico di Capo Graziano



Io, Flavia e Milena. Foto credit Milena Marchioni in viaggio con me :)


Che esperienza sublime, sicuramente da ripetere, anche perché io alle Eolie voglio ritornarci presto, appena possibile, e soprattutto voglio provare a fare lo scekking, il cammino lento con gli asini... non vedo l'ora!
Per contattare l'associazione Nesos visitate il loro sito Nesos.org, dove trovate molte info e tutti i contatti utili.




Esperienza in collaborazione con Associazione Nesos.





















DINTORNI DI PADOVA DA RAGGIUNGERE (ANCHE) IN BICICLETTA

by 2:49 PM


Nonostante la nebbia in certi periodi, anche d'estate, e lo smog che aleggia invisibile, i dintorni di Padova sono tutti da scoprire per un'uscita di qualche ora o per una gita fuori porta in giornata.
La bellezza di alcuni di questi luoghi sta nel fatto che si possono raggiungere anche in bicicletta, o per i più temerari anche a piedi. 

Qualche anno fa avevo creato un progetto legato ad alcune mete raggiungibili percorrendo 20 Km, partendo da Padova. Il motto era: In 20 km da Padova, dove posso arrivare?

Devo dire che aveva riscosso un discreto successo, così ho deciso di riprendere in mano quei luoghi e proporveli tutti qui, così da avere la lista completa.
Io amo ritornare anche nei posti già visti sempre con un immenso piacere.

Per voi cari lettori, che siate di Padova o no, queste a seguire sono mete imperdibili!

Piazzola sul Brenta e Villa Contarini
Il nome di questo paesino deriva dal fiume che la attraversa, il Brenta, che scende dal Trentino per poi sfociare nell'Adriatico. I Contarini e i Camerini furono le grandi e nobili famiglie che si susseguirono nel corso degli anni nella grande dimora che rappresenta l'attrazione principale: pensate che fino alla meta del '600 era una villa rurale poi trasformata in una Villa simile ad una Reggia. Dopo periodi di splendore intervallati a quelli di abbandono, dal 2005 la Villa è proprietà della Regione Veneto. Ha ospitato concerti e molti eventi, e speriamo possa tornare presto a proporli ai suoi numerosi viaggiatori che da tutto il Veneto vengono a visitarla.
Gli interni affrescati e il parco circostante sono una favola, ma nel vero senso della parola: un ritorno al passato, allo sfarzo con le stanze a tema e il parco con tempietti e paperelle da salutare. 
Per chi ama il contatto con la natura nei dintorni ci sono molti percorsi da fare alla scoperta dell'area naturalistica attorno al fiume Brenta, in bicicletta, a cavallo o a piedi.




Torreglia
Torreglia si trova ai piedi dei Colli Euganei, ottimo punto di partenza per escursioni e passeggiate. I Colli io li vedo anche da casa mia, e sono una visione che mi fa star bene, mi mette di buonumore nelle giornate no e trovo sempre un buon motivo per andarci. A Torreglia i vigneti si perdono a vista d'occhio e nella zona un tempo (ma un bel po' di tempo fa) veniva estratta la trachite, la stessa che i veneziani usavano per costruire la loro città. Cosa vedere? Villa dei Vescovi, la Chiesa di San Sabino e l'Eremo di San Luca, l'Eremo di Monte Rua e poi i molti sentieri che salgono e scendono donando scorci incredibili e il profumo di natura e sottobosco che in ogni stagione cambia, ma fa sempre innamorare.



Cervarese Santa Croce e il Castello di San Martino

Si trova tra i Colli Euganei e i Colli Berici, lungo il fiume Bacchiglione. Battutissima meta per le gite fuori porta, soprattutto in bicicletta, l'ultimo tratto, da Selvazzano Dentro, si percorre lungo un argine così da evitare auto e le non sempre adeguate piste ciclabili.
Cosa fare? Potete portarvi un libro da leggere, fare una passeggiata nei dintorni, visitare il Castello di San Martino risalente all'anno mille con il compito di essere avamposto per la difesa militare, tra Padova e Vicenza. Il Castello si può visitare, così potete fare un tuffo nel passato!

Cava Bomba
Per arrivare in bici qui bisogna essere un pochino allenati, però in macchina si arriva facilmente percorrendo una strada in mezzo alla natura e ai Colli Euganei che si innalzano dolcemente nella pianura. Luogo imperdibile per chi ama tutto quello che riguarda la geologia e la paleontologia, nonché adattissimo a piccoli esploratori. Cava Bomba è proprio una cava dove veniva estratto il calcare che poi veniva trasformato in calce viva attraverso una fornace. Oltre al Museo (appena possibile riaprirà) che conserva interessanti ritrovamenti della zona, si può visitare il parco dove ci sono delle riproduzioni a grandezza reale di alcuni dinosauri. Da Cava Bomba parte un bellissimo sentiero che porta alla Busa dei Briganti... da non perdere!




Il Sentiero del Monte Venda 
Questo è uno dei sentieri che popolano i Colli Euganei, si capisce che ne sono innamorata? Dicevo, il sentiero del Monte Venda comincia alla base del monte più alto delle colline Padovane, ben 603 metri. Si chiama sentiero n.9 ed è per un primo tratto molto facile, accessibile a carrozzine e passeggini. Una passeggiata intervallata da boschi di roverelle e castagni, laghetti (quando è stagione), e poi uno spiazzo con panchine dove fermarsi a fare un po' di pausa. Sopra il Monte non si può salire perché è zona militare, ma si può prendere il sentiero che sale fino a che la strada non diventa più percorribile.





Castello di San Pelagio

Se D'annunzio vi ha sempre affascinato, se vi piacciono i labirinti, se adorate i roseti in fiore e le ville da favola, il Castello di San Pelagio è il posto giusto per voi. Proprio da qui il grande esteta era partito il 9 agosto del 1918 alla volta di Vienna per la più bella azione di volo di tutti i tempi. Dai Fratelli Wright agli astronauti nello spazio, il Museo del Volo all'interno del castello rivela molte cose super interessanti. All'esterno poi vi attenderanno il labirinto del Minotauro, e il giardino segreto. Per una gita fuori porta, per una visita culturale, per assaporare le meraviglie della natura.




Ci sono tantissime mete ancora di cui non vi ho parlato, ma sto preparando degli articoli che vi faranno conoscere molti altri "dintorni" di Padova, da raggiungere in bici, a piedi e in auto.
Nel frattempo io testo tutto e scatto foto per voi!







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