Alcuni di voi si saranno chiesti che significato ha il logo del mio blog.
Ad alcuni non gliene importerà nulla.
Ad alcuni l'ho già raccontato a voce.
Ad alcuni non gliene importerà nulla.
Ad alcuni l'ho già raccontato a voce.
Nel lontano 2006, quando ero un po' più giovane ho fatto un viaggio a Pechino.
Quella famosa Pechino in cui non volevo andare, prevenuta e chissà cos'altro com'ero, mi stavo perdendo uno dei viaggi più belli fatti fino ad allora.Però sono partita.
Pechino l'ho visitata gran parte da sola, e per me è stato un grande passo (grande per me, credo nullo per l'umanità), che mi ha responsabilizzato, aumentato di un pochino l'autostima e mi ha fatto capire che una città vissuta a passo lento risulta essere l’approccio migliore.
Una città sicura e che nonostante abbia costantemente una coltre di smog che la protegge, sa donare il giusto calore per imparare ad amarla.
Un giorno mi sono diretta alla Città Proibita.
Non avevo la benché minima idea di quello che mi aspettasse.
Avevo la mia guida in mano e un entusiasmo che ancora riesco a percepire nel ricordo.
L'ingresso è su Piazza Tienanmen...
Proibita.
Mi ha sempre affascinato il suo nome.
Perché una città, dentro ad un'altra città, dovrebbe essere proibita?
In realtà il nome così affascinante deriva dal fatto che per oltre cinquecento anni fu vietato l'accesso ai sudditi dell'Imperatore, che in questo regno fuori dal comune aveva fatto la sua dimora.
E' immensa, non perché è ovvio che sia così, ma è proprio il senso che trasmette.
Un rettangolo che misura quasi un chilometro in lunghezza e circa settecento metri in larghezza, e dentro a questa forma geometrica metteteci dentro un labirinto di novecentottanta edifici e strade e stradine dove perdersi è un gioco da ragazzi.
Esatto, mi sono persa.
Capita.
Io e la mappa non avevamo un buon feeling, un groviglio di vie che a volte sbucavano nel nulla.
Poche persone.
In certi momenti ero sola.
Ed era bellissimo.
Ero avvolta in anni di storia e in colori e dettagli che scriverli, dirli a voce o solo mostrarli in fotografia non renderebbero giustizia...non ne darei il giusto peso.
Ho vagato senza essere preoccupata.
La via del ritorno prima o poi si trova, pensavo.
Per me l'importante era camminare, alzare lo sguardo al cielo, sfiorare il rosso dei muri, sentire una musica lontana appartenermi.
Delle porte enormi, decorate finemente danno il benvenuto in cortili dalla bellezza unica. Alberi centenari con sulle spalle leggende amorose, profumi di incenso, vociare vicino mentre attorno non c'è nessuno.
Niente è lasciato al caso.
I colori, le statuette con cui sono decorati i tetti inclinati degli edifici, la disposizione degli stessi.
Tutto ha un senso simbolico...tutto riconduce a qualcosa che era stato scritto.
Ad un certo punto mi sono ritrovata ad un ingresso, da sola.
Un deja vù.
Un simbolo già visto mi si ripresenta davanti.
Un segno.
Lo Zhong.
Colpire nel segno, essere al centro delle cose, questo il significato.
Io ero al centro di quel viaggio, di quella città da sola, senza sapere una parola di cinese, e dove altre lingue difficilmente trovano terreno fertile.
Quell'ideogramma, ha lasciato il segno.
Il segno di quel viaggio, il senso di quel viaggio e gli altri a venire.
Dopo averlo visto, mi sono girata e ho preso la via verso l'uscita, una via che era lì, ma che prima non avevo visto.
Ora quel simbolo lo porto con me, sempre.
Indelebile nella mente e nel corpo.
Beijing 25/04/2006 ore 15.35 - Città Proibita
"E' tutto così lontano dalla mia cultura, ma tutto perfettamente intersecato per il mio spirito.
Inspiro calma e tranquillità in questo ambiente per me estraneo.
Profumi di diverse civiltà si mescolano al rosso delle pareti.
Se chiudo gli occhi, è come se il tempo si fosse fermato;
le voci dei turisti scompaiono, e di sottofondo rimane solo il suono di una melodia portata dal vento."
Cristina