UNDERGROUND






Non un grattacielo, 
non un cielo azzurro o intriso di pioggia sopra la mia testa.

Il mio primo incontro con New York è stata la metropolitana.

Una città, un mondo sotto ad un altro mondo,
una vita, un via vai continuo
distaccato, ma unito alla superficie.

Una dimensione non nuova, ma diversa da quelle viste finora.
Mi è piaciuta.
Mi sentivo bene, non ho avvertito nessun rischio.
Osservavo, creavo nella mia fantasiosa mente le vite di quelle persone che viaggiavano.

Perché era un viaggio, non solo uno spostamento.




C'è la ragazza che seduta nel posto centrale sonnecchia, ed ad ogni scuotimento riapre gli occhi per poi assopirsi nuovamente. Ascolta in silenzio qualcosa, probabilmente della musica.
Le cuffiette sono nascoste dai neri capelli che le scendono dritti sulle spalle.
Le mani infreddolite, rosse tengono in mano un telefono.
Le unghie lunghe e laccate.

C'è un bambino che non smette di fissarmi.
Gli sorrido e lui si nasconde tra le pieghe stropicciate della giacca di sua madre.
Poi ricomincia,
per lui è un gioco.
Per me una scoperta.

In piedi appoggiato al palo c'è un ragazzo.
Alto, biondo capelli corti, barba di due giorni.
Ha uno zainetto che non toglie dalle spalle.
In mano un quaderno, una specie di taccuino sul quale disegna con una penna nera.
E' intento, lo sguardo fisso, niente lo distrae.
La mano veloce disegna piccoli tratti.
Non saprò mai cosa ci sia riprodotto in quel foglio...

C'è un signore, 
un senza tetto, con la sua casa appresso.
Delle grosse borse che contengono la sua vita.
Nei suoi occhi la solitudine, nei suoi capelli il sole, il vento, la pioggia.

Qualcuno sale, appoggia lo stereo per terra e la musica fa alzare tutti gli sguardi.
Quel qualcuno si mette a ballare, fa strane acrobazie in un metro quadro.
Gli spettatori, quasi tutti,
lo ignorano.
Io seguo i suoi movimenti, lo ascolto.
A volte si possono ascoltare le persone, senza bisogno di un dialogo.

Qualcun'altro canta, e canta bene.
Accompagnato da una chitarra o da uno strumento di fortuna canta.
Solleva gli animi.
Non chiede niente
sei libero di scegliere.
Poi scende e se ne va...

Ci sono odori profumi, umori.
C'è silenzio e brusio di sottofondo.
C'è la fretta e l'attesa.
Ci sono pensieri che fluttuano nell'aria.

C'è la ragazza che sale con in mano il bicchiere di starbucks,
ha i cappelli ricci, e la pelle d'ebano.
E' bella, mi ricorda la ragazza di un video dei Green day,
anzi per me è lei.
Sorseggia a tratti il liquido caldo in questa gelida sera Newyorkese.
E' stanca, a quest'ora lo siamo un po' tutti.
Abbiamo una storia da raccontare che attraversa il nostro sguardo.
Una storia vera.

Poi capita che il treno salga in superficie.
E io imbambolata alzo lo sguardo e lo faccio perdere all'infinito, tra l'acqua e quei palazzi che si
arrampicano sul cielo.
Il ponte eccolo.
Brooklyn.







2 commenti:

  1. Bellissimo Cri, sembra tutto uscito da un libro...
    hai scelto un modo romantico e originale di parlare di New York, con una visione tutta tua e splendida.
    Grazie, se mai andrò nella Big City me lo rileggerò!

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    Risposte
    1. Grazie Lucia! Mi ha affascinato quel mondo sotterraneo :)
      Grazie a te Kiss

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