Non ricordo il modello della macchina.
Ricordo che era rosso
scuro metallizzato sulla via dello sbiadito.
Ricordo le trattative della Vale nell’abbassare il prezzo di
noleggio, cara, lei poteva fregarsene tanto mica ci veniva in giro con me…ma
conosceva il personaggio del car rent…e dopo
mezz’ora e forse più di negoziazione senza capire tutto perfettamente, avevo una macchina.
Loro avevano una caparra e il mio passaporto fotocopiato…io
avevo una macchina con i sedili macchiati e masticati, una radio d’epoca che
passava musica poco occidentale a tratti, poco orientale in altri.
Ma la cosa più bella era il tappo del serbatoio della
benzina. Della gommapiuma arrotolata a chiudere il buco…Funzionale ed
efficiente nulla da dire…solo poco sicuro?
Ma avevo una macchina.
Quattro ore separano Amman da Aqaba, in un andatura nei
limiti consentiti , in un andatura che permette di guardarsi attorno di
scoprire dettagli in mezzo al nulla, di trovarsi un cammello che aspetta di
attraversare una strada troppo grande per lui.
Per chilometri il nulla, il colore ocra padroneggia nella
terra e cerca di trasferirsi anche nell’aria, poi dietro ad una curva il
paesaggio cambia e improvvisamente ti innamori… un sussulto uno sguardo…la
vista ti regala un ricordo per la vita.
Aqaba, ha il fascino del Mar Rosso, di una barriera
corallina spettacolare. Ma non ha il fascino della spiaggia pubblica, e per una
donna diventa complicato godersi un mare del genere. Con pantaloni al ginocchio
e maniche a tre quarti, in riva al mare ero comunque oggetto di occhiate
indiscrete che suscitavano in me un imbarazzo non giustificato. Il mio compagno
di viaggio nuotava beato tra la barriera che in quel tratto raggiungeva la
riva, in costume a petto nudo.
Per la mattina seguente abbiamo deciso di fiondarci in una
spiaggia privata. Paghi, di conseguenza tu donna puoi metterti in costume, ma
non è comunque semplice come sembra.
Pochi occidentali a farmi compagnia, molte donne arabe nei
loro vestiti tradizionali, in riva al mare, in spiaggia, in acqua, con la
maschera e boccaglio.
Ho riscoperto il piacere dello snorkeling, o meglio ho
scoperto… meraviglioso, e un grazie va a chi mi ha supportata e sopportata…ma
ne è valsa la pena.
All’ora di pranzo, prendo l’iniziativa di prenotare qualcosa
da mangiare. Non con poca difficoltà riesco, tra gli sghignazzi del personale probabilmente perché mi ero presentata a loro in costume, a prenotare un paio di
panini e un litro di acqua. Loro mi rimandano sotto al mio ombrellone
rassicurandomi che mi avrebbero portato il pranzo da lì a breve. Ed
effettivamente la promessa non aveva fatto una piega, ma mancava l’acqua.
Gentilmente glielo faccio notare…e mi ri-rassicurano che me l’avrebbero portata
subito. Mangiato il panino stesa nella sdraio...ma senza acqua.
Mi alzo cercando di formulare nella mia mente una frase
abbastanza acida in inglese, impresa non da poco, per chiedere spiegazioni, e
il gentil uomo di prima mi dice “ water?what water?"... mi porge una bottiglia
vuota e continua “ in the sea there is a lot of water”…
Foto scattata da Felixwolf
©crinviaggio
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