DINTORNI DI LISBONA: CABO ESPICHEL E I DINOSAURI

by 8:04 PM



Mi capita spesso di pensare al Portogallo,
è una meta che mi ha lasciato un senso di libertà mescolata ad una nuova emozione per la quale non ho ancora trovato il nome giusto, che ho provato durante il viaggio.

Qualche anno fa, ho fatto un on the road settembrino, partendo da Lisbona e arrivando in Alentejo. In una settimana, con molta calma che non fa mai male, questo Paese è riuscito a suscitare in me una saudade che ancora mi scorre nelle vene, tanto da ritrovarmi spesso imbambolata a pensare a quando potrò ritornare ad assaporare un altro pezzetto di quella terra.

Ricordo l'impatto con la costa dopo aver lasciato Lisbona: boom! Un colpo al cuore, di quelli che ti mettono nostalgia prima ancora di andare via. Praia Grande merita una visita, e se volete collezionare momenti e non cose per qualche giorno, fermatevi al Dream sea surf camp un campeggio con vista (e che vista!) e con una marcia in più.

Ma torniamo a noi...

Ad un'ora da Lisbona, si trova Cabo Espichel, un promontorio sulla penisola di Setubal che si tuffa prepotentemente nell'Oceano Atlantico e dove tutto è colpito da venti incessanti che soffiano dal mare e piegano la vegetazione, inondandola di salsedine e racconti.
Un posto solitario, a tratti desertico, dove l'affluenza di visitatori è molto bassa e dove mi sono sentita a mio agio con tutto quello che mi stava attorno: i colori bruciati dalla passata estate, il caldo secco delle ore centrali del giorno e le scogliere a picco sul mare blu.
Per chi ama i posti un po' più frequentati con locali rumorosi e negozietti di souvenir non è l'ideale, ma per chi vuole passare qualche ora lontano da tutto in un'area quasi incontaminata, beh, segnate le coordinate nel vostro diario di bordo.



Il Santuario de Nossa Senhora do Cabo è un complesso architettonico che unisce la monumentalità dell'edificio alla spiritualità religiosa. Risale al 1701, fu costruito per dare asilo ai pellegrini che durante il loro vagare giungevano fino alla costa. Poco lontano dal santuario si trova un piccolo eremo, "L'Ermida da Memoria" dove le pareti interne sono tutte rivestite di azulejos del periodo settecentesco che narrano la leggenda di Senhora do Cabo. Pare che intorno al millequattrocento la Vergine sia apparsa in questo luogo ad una coppia di anziani signori.



Sulle scogliere che attorniano Cabo Espichel si trovano tracce di storia, nonché impronte di dinosauri. Gli studi hanno stabilito che quelle sulla scogliera Pedra da Mua sono state create da un branco di sauropodi, dentro al quale c'era anche un animale ferito, lo si vede dal passo irregolare rimasto impresso.
Le tracce sono perfettamente conservate sulla parete verticale della scogliera, quindi non facilissime da distinguere ad occhio nudo: armatevi di un binocolo o guardate con un obiettivo fotografico importante.





Le impronte a Lagosteiros, poco distante dal Cabo, sono più facili da distinguere, risalgono al periodo cretaceo.
Le tracce su due punti diversi delle scogliere risalgono a due periodi diversi nella preistoria, separati tra di loro da cinquanta milioni di anni, quindi doppio wow.

Il percorso segnalato è da fare a piedi e dura circa un'ora. Lungo la via troverete pannelli che vi spiegheranno la storia, i ritrovamenti e altre informazioni utili sulle impronte e sul territorio. 
Ora, non aspettatevi il calco perfetto della zampa di un T-Rex, alcune impronte sono approssimative, ma se siete appassionati del genere o se vostro figlio è nell'età dei dinosauri, beh non dovete perdervelo.  

Non c'è ombra e nelle ore più calde il sole picchia parecchio, quindi che ve lo dico a fare, mettette il cappello e portatevi dell'acqua!

Per il mio piccolo viaggiatore (ma anche per me) è stata una delle tappe più belle di tutto il viaggio, merito sicuramente dei dinosauri, ma anche del posto tranquillo, senza gente, dove poteva correre ed esplorare senza che io lo perdessi d'occhio.


















OLANDA DEL NORD IN VAN, ITINERARIO DI VIAGGIO

by 10:48 AM




Durante la mia infanzia ho sempre fatto le vacanze in tenda in campeggio, ho all'attivo anche una breve esperienza in roulotte in Sardegna, durante la mia prima vacanza da diciassettenne con gli amici.
Una vita fa.
Esperienze di libertà, quella che solo il campeggiare sa dare.

Negli ultimi anni, anche con il mio bimbo, ho fatto qualche fine settimana in montagna e al mare con la tenda "magica" che si monta (quasi) in poco tempo, e che regala, suvvia, molte soddisfazioni. Deve piacere questo stile di vacanza: e monta e smonta, e gonfia il materassino e accendi la lampada e vestiti in orizzontale e i bagni in comune… non è per tutti lo so.
Ma a me piace, mi è sempre piaciuto, anche se con l’avanzare degli anni le comodità hanno preteso un po’ più di spazio.

Quest'anno per il mio viaggio estivo ho scelto un tipo di esperienza diversa, mai fatta prima: è stata la mia prima volta in un Van, in un on the road che mi ha portato ad esplorare un pezzetto dell'Olanda del nord.

La verità è che non sapevo cosa aspettarmi, mi sono messa in gioco in un viaggio che poteva essere disastroso o dall'altro verso indimenticabile. Ci sono sempre delle variabili e delle incognite, che finché non ti si posizionano davanti non sai come andranno affrontate; però ce la siamo cavata bene, è stato divertente, istruttivo (ho imparato cose che ignoravo totalmente) e ho messo le basi per dire a me stessa che sì, è una cosa forte, e mi piacerebbe rifarla.

Il van, un T3 Volkswagen Westfalia con cui ho viaggiato, è degli anni Ottanta, quindi prima regola: si viaggia slow.

Effettivamente a più di 100 km all'ora in discesa in autostrada non è mai andato, quindi se sei sempre di fretta e vuoi vedere il più possibile in poco tempo, allora non è la soluzione adatta; se invece ti piace gustarti la calma, il momento, l'avventura, ti adatti ai campeggi, è il top.

Il Van ha quattro posti letto, due nel sotto tetto che si apre una volta fermi in campeggio o in libera quando è permesso, e due abbattendo i sedili posteriori. Ha frigo, fuochi a gas, lavello, mobiletti vari per provviste e vettovaglie. In esterno c’è una veranda per proteggersi dal sole, o dall'umidità (eh eh…dipende dal tipo di meta) da completare con un tavolino e le sedie. Ha tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere in libertà un viaggio senza doversi preoccupare troppo.

Dopo due giorni ad Amsterdam siamo arrivati a Zaanse Schans, la piccola cittadina dei mulini a vento, dove mi è stato consegnato il van e siamo partiti a gonfie vele con il sorriso sulle labbra di chi non sa esattamente cosa aspettarsi, ma anche di chi dice, chi se ne importa, vada come vada sarà un successo!

L'itinerario è stato scelto in modo da non stare sempre alla guida, quindi con distanze più o meno brevi, anche se poi, come dicevo prima, le variabili e gli inconvenienti si possono sempre trovare dietro l'angolo e ci si ritrova in ritardo per gite prenotate, per esempio a causa di piogge torrenziali o ponti levatoi alzati. Quindi ho imparato che con un van dell’82 bisogna calcolare un quaranta minuti in più (abbondanti) sul tempo di percorrenza che indica google maps!

Ecco qui il mio itinerario fatto in sei giorni.




Da Zaanse Schans ci siamo diretti a Egmond Aan Zee per una prima notte sul mare a vedere un tramonto iniziato alle nove e mezza e concluso con un tè caldo in spiaggia. Volevamo vedere il faro, ma l'abbiamo trovato incartato per restauro... Ci siamo diretti, il giorno dopo, sotto il diluvio universale, verso Den Helder per prendere il traghetto che ci ha portati all'isola di Texel, la più grande delle Frisone, che si è rivelata stupenda. Con il senno di poi avrei dedicato un paio di giorni e non uno a questo posto meraviglioso; è anche vero che se avesse piovuto tutto il tempo probabilmente un giorno sarebbe stato sufficiente, ma avendola vissuta con il sole, l’isola ha rapito tutti i miei sensi, e la voglia di ritornarci è fortissima: dune di sabbia, un faro da favola ed un sole che non vuole andare a mai dormire.

Da Texel ci siamo diretti verso est facendo tappa a Afsluitdijk, attraversando la grande diga dei Paesi Bassi e fermandoci al museo che ne racconta la storia, del perché e come è stata costruita. Da lì abbiamo proseguito verso Lauwersoog dove ci siamo fermati un paio di giorni a rilassarci in mezzo la natura, perché l'on the road è splendido, ma anche fermarsi ogni tanto a godere lentamente delle cose ha il suo fascino.

Dopo Lauwersoog abbiamo fatto la tappa più lunga che ci ha portati prima a Utrecht passando per Lemmer, e poi ad Haarlem dove abbiamo lasciato il nostro van per spostarci per un altro giorno e mezzo ad Amsterdam.




Con i diesel si deve parcheggiare fuori dalle grandi città, ma non è un problema visto che è tutto perfettamente collegato e servito dai mezzi pubblici come treni (che ho preferito) e bus.

Circa cinquecentosessanta chilometri di strada, di natura, di bellezze architettoniche, di arte, di storia, di biciclette e rispetto per l'ambiente che, almeno per quest’ultimo aspetto, in alcune situazioni mi ha portato a pensare che qui in Italia siamo un pochino indietro sulla tabella di marcia rispetto agli olandesi…

Pioggia, vento, sole e stupore, ecco cosa ho incontrato lungo la strada.



Una nota di merito va assolutamente ai campeggi olandesi. Prenotati un po' a caso, dico la verità, li ho trovati di un'efficienza unica, che purtroppo non ho mai trovato in Italia. Puoi anche non portarti appresso shampoo e bagnodoccia, perché all'interno dei bagni c'è tutto l'occorrente, anche il phon (che io a volte manco trovo negli hotel). Tutto pulito, piazzole ben tenute, bagno con disinfettante, e tante piccole accortezze che rendono piacevole il soggiorno. Per esempio, ad Egmond Aan Zee ci siamo "leggermente" bagnati per smontare la tettoia del van sotto una pioggia torrenziale, ed eravamo fradici....meno male c'era un'asciugatrice che ha sistemato i vestiti zuppi.

Questo era solo l'itinerario con un piccolo assaggio di tutto quello che ho visto. Nei prossimi post vi racconterò le tappe, i campeggi, e le meraviglie che ho visto.




Viaggio in collaborazione con GoBoony  portale di noleggio camper, van ecc. in Italia e in Europa.

PIAZZA NAVONA E DINTORNI, 4 LUOGHI DA NON PERDERE

by 11:42 AM


 

Ogni scusa è buona per fare un viaggio.
L'anniversario, un ponte lungo, un fine settimana libero, le vacanze, un compleanno.
"Colleziona momenti non cose".

Io la prendo in parola questa frase, e se posso il giorno del mio compleanno lo voglio passare in giro da qualche parte, alla scoperta di un nuovo luogo o ritornare in uno già visitato per guardarlo con occhi nuovi a distanza di tempo.
Così a settembre dell'anno scorso mi sono regalata un week end lungo a Roma.

Non era la mia prima volta, ma Roma vale sempre una visita, per corta che sia. Mi piaceva l'idea di ritornarci con il mio bimbo, anche se bimbo non lo è più...

Ho passato delle giornate splendide in città, con il sole accanto a ripercorrere storia e fascino, ma... mentirei dicendo che è stato tutto bellissimo, perché in realtà dall'ultima volta che ci ero stata mi è sembrata cambiata, caotica, inavvicinabile in alcuni punti.

Ma si cerca sempre di vedere il lato bello delle cose, così da far passare qualche piccolo inconveniente in secondo piano. Mi sono presa del tempo per scoprire la città lentamente, senza fretta.

Avevo l'appartamento a due passi da Piazza Navona ed è stato un ottimo punto di partenza per visitare i dintorni, per esempio...

Piazza Navona (la mattina presto).
Chi dorme non piglia pesci... e io non ne piglierei nessuno, ma a volte alzarsi presto la mattina ha il suo perché. Piazza Navona inevitabilmente è sempre affollata, tranne nelle prime ore del giorno, quando il sole appena sorto le dona una luce magnifica e fare una passeggiata diventa qualcosa di unico e per pochi eletti!
Una delle piazze più belle, costruita sopra il vecchio stadio di Domiziano, del quale ha conservato la forma rettangolare.
La fontana più bella? Per me quella dei quattro fiumi dove il Bernini scolpì le quattro statue che rappresentano il Nilo, il Danubio, il Gange e il Rio de la Plata. Il Bernini era nemico del Borromini, e leggenda (o verità?) narra che la statua del Danubio scolpita di fronte alla chiesa dei Sant'Agnese, opera del Borromini, abbia la mano alzata per proteggersi dal pericolo di crollo imminente... che burloni!




Lo stadio di Domiziano
I resti dello stadio di Domiziano si trovano sotto Piazza Navona, più o meno a quattro metri e mezzo sotto il manto stradale. L'area archeologica è visitabile ed è quanto resta dell'unico stadio in muratura fino ad ora conosciuto. Grazie ad una audioguida, disponibile anche in versione per bambini, viene illustrata la storia dello sport e delle pratiche sportive dall'antica Grecia alla Roma Imperiale, soffermandosi sulla storia dello stadio e della Piazza. Nello stadio si disputava la più importante delle competizioni, la corsa. Infatti aveva una forma circense cioè due lati lunghi paralleli, uno breve curvilineo e l'altro leggermente obliquo. Le gradinate per il pubblico erano divise in settori sovrapposti e potevano ospitare fino a trentamila persone.

Sant'Ivo alla Sapienza
La cupola di Sant'Ivo alla Sapienza è un capolavoro del Borromini, semplicemente bella, perfetta senza dover ricorrere a trovare altri aggettivi per definirla.
La chiesa si trova all'interno dell'omonimo palazzo nonché la più antica università romana, ed è incastonata nel cortile dove lo stile barocco padroneggia e incolla il visitatore. Dopo essere stati a testa in su all'interno, fatelo anche in esterno, la lanterna che completa la cupola è qualcosa di unico!



San Luigi dei Francesi
Tra Piazza Navona ed il Pantheon si trova questa piccola chiesa, splendore dell'arte Barocca e casa di tre capolavori del Caravaggio.
La chiesa fu costruita nel 1518 per ospitare la sempre più grande comunità di Francesi che si stava creando a Roma. Ospita sculture di illustri personaggi della Francia tra i quali quella di Carlo Magno, ma se mi permettete per me la vera bellezza sta nelle opere del grande Maestro Caravaggio all'interno della Cappella Contarelli: il trittico composto da il Martirio di San Matteo, La Vocazione di San Matteo e San Matteo e l'Angelo.
Chi mi legge abitualmente sa che non impazzisco per le chiese, ma se queste racchiudono opere d'arte di un certo livello, per me sono tappe imperdibili. 


Foto credit arteworld.it 

Come raggiungere Roma? Il mezzo più comodo per raggiungere la capitale per me è il treno ad Alta Velocità: c’è la certezza di sedersi (contrariamente ad altre tipologie di treno), ci sono prese di corrente e wi-fi per lavorare o svagarsi, c’è la possibilità di acquistare snack, si arriva direttamente in centro città. Mi capita spesso di viaggiare Italo ed i suoi treni Milano Roma (e viceversa) perché in meno di tre ore raggiungo la meta in comodità, pronta a partire alla scoperta della città!


Si ringrazia Italo per la collaborazione





ROLAND GARROS, TERRA ROSSA E SUDORE (CONSIGLI UTILI)

by 5:21 PM





Sono stata al Roland Garros.
Esatto, il famoso torneo di tennis a Parigi.

E chi non vorrebbe andarci almeno una volta? Beh ovvio, solo se il tennis è tra le tue passioni, o se lo mastichi da un bel po' di anni.
Non posso dire di essere una giocatrice, ma d'altra parte mica tutti i tifosi di calcio ci giocano, così non tutti gli amanti del tennis impugnano una racchetta...anche se in realtà quando ero giovane ci giochicchiavo, mi si diceva che avevo un buon dritto e un buon tempo sulla palla, ma io non ci ho mai creduto.
E poi la verità è che il mio rovescio faceva pena! 

Negli ultimi quindici anni ho visto qualche torneo di tennis: un paio di volte gli Internazionali a Roma, le ATP Finals a Londra e qualche torneo minore in Italia e devo dire che è sempre un gran bello spettacolo. 
Uno sport elegante, ecco come l'ho sempre definito, e continuo a crederlo.

Il Roland Garros (questo il nome dello stadio dove si tiene il torneo) si tiene ogni anno a maggio dal 1891, ed è il secondo dei tornei del Grande Slam, l'unico che si svolge su terra battuta.
Dal 1967 il torneo internazionale diventò open, cioè da quell'anno fu consentita l'iscrizione a tutti i giocatori professionisti di tennis e non solo agli iscritti del circolo, che da parte loro consideravano i primi, traditori dello spirito dello sport.

Su quei campi si sono scontrati i più grandi giocatori del mondo, e lo stanno facendo anche in questi giorni. Vi dicono niente questi nomi?
Bjon Borg, John McEnroe, Pete Sampras, Andre Agassi, Roger Federer e Rafael Nadal...
E molti altri a calpestare e scivolare su quella terra rossa che si impregna sulla pelle sudata, sulla passione, sui sacrifici e sulla voglia di vincere.
Sul tennis ci sarebbero molte cose da raccontare, ma non è questo il posto adatto, voglio invece dirvi come organizzare un viaggio per passare uno o più giorni al Roland Garros.
Parigi è sempre una buona idea ed è semplice abbinarla ad uno dei tornei più famosi al mondo.




Come arrivare a Parigi?
Partendo dall'Italia, Parigi è una delle capitali più servite da voli di linea e low cost. Io ho volato con Easy Jet da Venezia su Charles De Gaulle. I prezzi sono sempre molto abbordabili. Il mio volo partiva il sabato mattina all'alba e rientrava il lunedì in tarda serata. Una buona soluzione dal nord italia è anche il treno che per esempio da Torino  impiega circa sei ore.

Dove acquistare i biglietti del Roland Garros?
I biglietti  si acquistano sul sito ufficiale del torneo, ma solamente a partire da una certa data che è circa un paio di mesi prima dell'inizio dei match. Ci sono varie tipologie e ovviamente vari prezzi. Il torneo dura quindici giorni e si tiene ogni anno tra fine maggio e inizio giugno; le prime partite di qualificazione hanno un costo abbastanza basso, mentre più ci sia avvicina alle finali, piu' i costi crescono in modo esponenziale.
L'acquisto del tkt consente di prenotare un posto in uno dei campi centrali e di girare in tutti i campi minori del circolo.
C'è la possibilità di stare in attesa online per qualche ora prima dell'acquisto, questo perché molte persone sono collegate per prendersi i posti migliori.
Io ho acquistato il tkt per il court Simonne Mathieu (uno dei tre campi principali) che mi mi ha permesso di vedere due partite bellissime, la prima tra il francese Gasquet e il tedesco Zverev (Misha) e la seconda tra Wawrinka e Kovalik, inframezzate da altri match nei campi secondari.
Il costo del mio biglietto giornaliero è stato di 67 euro.



Come funziona il Roland Garros?
Ovviamente non si sa a priori chi giocherà contro chi, quindi i biglietti si comprano un po' alla cieca, sempre sperando che le partite siano belle e che non piova, in quest'ultimo caso viene tutto rimandato e si perdono i tkt. Per questo esiste un'assicurazione in caso di annullamento di partita, da stipulare in fase di acquisto.
Tutto è perfettamente organizzato, il tkt scaricato sull'App dedicata, le frequenti metro e bus dal centro di Parigi al quartiere Bois de Boulogne (anche se il mio bus ha saltato una corsa...).
La fila per entrare è stata poca cosa, ma forse a mio favore c'è stato anche il fatto di aver scelto il primo lunedì del torneo.
Si passano i controlli, tipo aeroporto e poi si entra in un mondo bellissimo.

Ad ogni angolo addetti alla sicurezza e alle informazioni sono a completa disposizione per consigli e chiarimenti. 



Un punto di favore per l'applicazione mobile che mi ha permesso di vedere in tempo reale quali e dove fossero le partite e i punteggi, senza perdere ulteriore tempo, anche perché la distanza tra i campi estremi si compie in circa quindici minuti.
Se per qualche motivo non potete più partecipare, si possono mettere in vendita i biglietti e anche acquistarli all'ultimo se qualcuno ci ha rinunciato.



Una travolgente esperienza, un'atmosfera emozionante.
Il puro e vero tennis, quello che nel silenzio interrotto solo dal rimbalzo della pallina, fa girare la testa a destra e a sinistra (chi si ricorda la sigla di Jenny la tennista?), quello delle ovazioni dopo un punto e del silenzio durante un servizio, quello dei monologhi sottovoce dei tennisti, e di tutti quei rituali che un giocatore fa concentrarsi.






















STATUA DELLA LIBERTÀ, STORIA E CURIOSITÀ

by 9:28 AM




Qual è la prima cosa che viene in mente quando pensate a New York?
La mia è la Statua della Libertà.

Sarò scontata, o poco imprevedibile, ma per me è sempre stata un simbolo solenne. Uno dei monumenti più importanti che esistano al mondo, non tanto per la sua imponenza, ma per quello che sta a significare: libertà.
Si trova al centro della baia di Manhattan su Liberty Island. Il nome originale della statua sarebbe La Libertà che illumina il mondo, e in effetti il suo scopo era di illuminare ed accogliere gli immigrati che con le navi raggiungevano il porto di New York.
Penso sempre all'emozione che provavano quegli occhi sul ponte della nave, quando intravvedevano le prime luci e passavano di fianco a lei, al simbolo della loro libertà in un nuovo paese, nella loro nuova vita, volti pieni di paura e speranza. 
A me vengono i brividi, mi commuovo di fronte a questo pezzo di storia.
È una delle cose da non perdere a New York e anche il portale magazine di Expedia Explore la inserisce tra le 20 cose che vale assolutamente la pena di visitare durante un viaggio nella Grande Mela.






La sua storia è affascinante, mi ha sempre incuriosito, e quando finalmente qualche anno fa ho avuto il piacere di poterla visitare, ho esaudito un desiderio che avevo custodito nel mio cassetto.

La storia

Tutto è cominciato nella seconda metà del 1800 quando un certo Sig. Laboulaye, un professore di diritto che in Francia si batteva per l'accesso allo studio e sosteneva con passione le ragioni dell'unione nella Guerra di Secessione Americana. Ha pensato quindi che fosse necessario fare un regalo, un monumento che rendesse concreta l'idea di fratellanza tra la Francia e l'America, un monumento che fosse paladino della giustizia e della libertà. Ad ascoltare quelle parole tra la folla durante il discorso c'era uno scultore di nome Berthald che in pochi istanti immaginò nella sua mente quella che sarebbe diventata la Statua della Libertà, posizionata all'imboccatura del porto di New York, con lo sguardo rivolto al mare, come l'antico colosso di Rodi. Non fu da solo, perché nella costruzione della statua fu coinvolto anche l'ingegnere Eiffel, esattamente quello della famose torre a Parigi che ideò la struttura portante, cioè lo scheletro della grande scultura.

Arte e tecnologia dovevano convivere assieme: la statua doveva essere vuota all'interno, con un'unica anima di reticolati in acciaio, mentre l'esterno doveva essere fatto con tanti fogli di rame sbalzati e uniti da dei rivetti. La base sulla quale doveva essere appoggiata era in granito rosa proveniente dal Connecticut.

Ovviamente costruire una statua di tali dimensioni aveva un costo non indifferente, quindi si studiarono delle strategie per poter avere dei finanziamenti di avanzamento lavori, come per esempio quella di esporre la testa della statua nella sua totale maestosità ai giardini del Palais du Trocadero dove i visitatori entusiasti cominciarono a dare dei soldi per diventare parte del progetto.
Lo stesso vale per il basamento, mancavano i fondi per terminarlo, così il New York Times lanciò una sottoscrizione pubblica alla quale risposero prontamente in molti. Furono i Newyorkesi con il loro denaro a rendere possibile la costruzione del piedistallo che l'avrebbe sorretta. 

Fu regalata dai Francesi agli Stati uniti nel 1883 in casse trasportate a New York a bordo di una piccola nave, furono quindi necessari più viaggi.
Infine furono assemblatati i 300 pezzi che la compongono come un puzzle ad incastro, un pezzo alla volta.
Nel 1886 viene inaugurata nella sua splendida bellezza in 93 m di altezza per 156 tonnellate.




Qualche dettaglio e curiosità

La Statua è una figura femminile avvolta da una lunga toga. 
Ai suoi piedi, che sbucano appena fuori dalla veste ci sono delle catene spezzate in segno di libertà.
La corona che tiene in testa ha sette punte come i sette mari e i sette continenti.
Il braccio destro è spoglio dalla veste e tiene una fiaccola accesa che testimonia la libertà e la giustizia (e che fungeva da faro), quello sinistro invece è piegato verso il corpo e sostiene una tavola sulla quale si legge 4 luglio 1776, la data della dichiarazione di indipendenza.
In origine era color rame che nel giro di vent'anni si è ossidato diventando l'attuale verde.

Gli studi ingegneristici di Eiffel furono fondamentali, infatti la statua deve avere la possibilità di compiere delle oscillazioni per resistere al vento e non spezzarsi anche in caso di dilatazione del metallo durante i cambiamenti di temperatura.

Una scala principale sale dal basamento alla corona e una molto più piccola consente la salita fino alla fiaccola.

Sul piedistallo è incisa una citazione intitolata The New Colossus composta dalla poetessa statunitense Emma Lazarus, che è un inno alla libertà, scritto dopo che lei stessa fece visita ai quartieri di quarantena degli immigrati nel porto:

"Tenetevi o antiche terre, la vostra vana pompa- grida essa con le silenti labbra- Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dlle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata."



Visibile da una distanza di 40 km rappresenta ancora oggi un simbolo di speranza.
È visitabile giornalmente, malgrado ci siano stati in passato chiusure per motivi di sicurezza, non solo per allarmi terroristici, ma anche per situazioni atmosferiche, tipo uragani.

Ogni anno viene visitata da circa 4 milioni di persone.


Articolo in collaborazione con Expedia 


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